mercoledì 21 dicembre 2016

Come funziona una lampadina

Figura 2: Lo spettro di vari tipi di lampadine con un doppio reticolo di diffrazione (foto mc)

Nel 1924 le case produttrici di lampadine si incontrarono in Svizzera (dove altro?) per formare il cartello Phoebus e decidere di ridurre la durata delle lampadine elettriche a circa 1000 ore (qui in articolo della IEEE se non ci credete). Prima le lampadine duravano molto di più: per esempio in California  esiste una lampadina che è accesa continuamente dal 1901.

La prima lampadina elettrica è stata quella a incandescenza. Si tratta di un filamento di tungsteno posto in un bulbo di vetro in cui è stato fatto il vuoto. Facendo passare corrente elettrica nel filamento, questo si scalda per gli urti che gli elettroni della corrente hanno con il materiale (effetto Joule). L’alta temperatura fa agitare gli elettroni, accelerandoli in tutte le direzioni e facendo loro emettere luce. Una carica elettrica accelerata emette, infatti, un’onda elettromagnetica: maggiore la temperatura e maggiore l’accelerazione e anche la frequenza dell’onda elettromagnetica emessa (legge di Wien). Ciascun corpo emette radiazione secondo la sua temperatura: gli animali a sangue caldo nell’infrarosso, le braci di carbone nel rosso se la temperatura è bassa e nel bianco se è alta (per il contributo delle frequenze verdi e blu). Dato che le accelerazioni degli elettroni possono avere vari valori, l’emissione termica di luce avviene in un ampio intervallo di frequenze.

La lampadina a incandescenza cambiò per sempre l’illuminazione delle case e delle città, ma racchiude in sé la rivoluzione che fece abbandonare la meccanica classica in favore della meccanica quantistica. Infatti per descrivere lo spettro di emissioni luminose è necessaria una formula sviluppata da Planck nel 1900 ipotizzando che l’energia della luce sia quantizzata in pacchetti di luce (vedete sotto per le formule pizzose). Anche se sembra un controsenso, questa formula si chiama equazione di corpo nero (questo passa per humour nell’ambiente), dato che suppone che un corpo a una data temperatura assorba tutta la radiazione senza riflessioni. Le emissioni di un corpo nero seguono uno spettro che dipende unicamente dalla temperatura (legge di Planck).

Il nostro Sole ha una temperatura superficiale di circa 6000 gradi Kelvin ed emette soprattutto nell’intervallo tra il rosso e il blu: il fatto che i nostri occhi siano particolarmente sensibili proprio in questo intervallo di frequenze è il risultato di milioni di anni di evoluzione. Proprio per questo la luce è percepita tanto più riposante e ‘naturale’ quanto più vicina è allo spettro solare. Se ci fate caso, sulla scatola delle lampadine è riportata la temperatura equivalente di emissione in gradi Kelvin.
Per scomporre la luce nelle sue varie frequenze e apprezzarne i colori possiamo usare un reticolo di diffrazione. Anche un prisma andrebbe bene, ma un reticolo di diffrazione è più semplice da usare (anche se il prisma devia maggiormente la luce blu ed il reticolo la luce rossa). Il reticolo è un foglio sottile su cui è stata praticata una serie finissima di righe. Le onde luminose, passando attraverso questo foglio, interferiscono tra loro e vengono traslate in punti diversi a seconda della loro frequenza (qui è possibile trovare un reticolo a diffrazione), come mostrato in Figura 1. Se poniamo quindi un reticolo di fronte alla macchina fotografica, possiamo vedere lo spettro di emissioni della lampadina a incandescenza. In realtà, lo spettro si estende anche nell’infrarosso: infatti, ne possiamo avvertire il calore. Se il reticolo a diffrazione è a croce possiamo avere un effetto caleidoscopico, come visibile in Figura 1.

Figura 2: Lo spettro di vari tipi di lampadine con un reticolo di diffrazione (foto mc)



Le lampade a fluorescenza, invece, contengono un gas rarefatto al loro interno. Con una scarica elettrica gli elettroni del gas vengono eccitati, ossia spostati su orbitali atomici più energetici. Quando si diseccitano e tornano nello stato fondamentale emettono luce. Anche in questo caso si tratta di un fenomeno quantistico: a ciascuna diseccitazione corrisponde l’emissione di un fotone di energia pari alla differenza tra i livelli energetici degli elettroni atomici. Come si può vedere dalla figura 1, l’emissione è discreta, ossia avviene solo alle frequenze corrispondenti ai livelli energetici dei gas presenti nel tubo.
Questo tipo di lampade sono anche dette al neon, anche se il neon emette solamente nel rosso, mentre per avere una illuminazione bianco-bluastra è necessario utilizzare gas di mercurio. Le lampade a fluorescenza, per quanto più efficienti di quelle a incandescenza,   non sono mai durate quanto decantavano le case costruttrici.

Le lampade a LED (Light Emitting Diode), infine, sono il risultato dello sviluppo della tecnologia dei semiconduttori. Anche in questo caso la luce è emessa dalla transizione di elettroni tra diversi livelli energetici. A seconda del tipo di semiconduttore possiamo avere LED che emettono nel rosso, nel verde e,  solo negli ultimi anni,  nel blu (Nobel per la fisica nel 2014). Questo tipo di lampade è quindi realizzato utilizzando tre LED di colore differente. Nel caso dei diodi i livelli energetici sono molteplici e quindi le emissioni di luce avvengono in un intervallo energetico più ampio che in quello delle lampade a fluorescenza. La densità del materiale è migliaia di volte superiore di quello del gas, consentendo di avere sorgenti luminose molto più compatte.
Inoltre l’efficienza e la vita delle lampade a LED sono più alte di quelle a fluorescenza, rendendole quasi perfette e rendendo l’industria delle lampadine tra quelle meno redditizie.

giovedì 15 dicembre 2016

Superluminale! Sei fenomeni fisici più veloci della luce

La teoria della Relatività di Einstein ha mostrato come non sia possibile portare un oggetto dotato di massa a velocità superluminali, ossia maggiori di quelle della luce (c=300,000 km/s). A questa velocità possono, e devono, viaggiare le sole particelle prive di massa.
Nonostante questo limite invalicabile, e nonostante non vi sia al momento nessuna teoria o evidenza sperimentale che ci permetta di aggirare questo limite per spostarsi o trasmettere informazione a velocità più grandi di c, vi sono alcuni fenomeni che sono, o sembrano superluminali, ossia più veloci della luce.
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L'espansione dell’universo. La Relatività speciale sancisce che nello spazio-tempo nulla si muove più veloce della luce, ma non pone alcun limite all'espansione dello spazio-tempo, descritta dalla Relatività Generale. Infatti, nei primi istanti dopo il Big Bang, l’Universo, raffreddandosi, nella fase dell’inflazione, si è espanso molto più velocemente della luce. Le cause di questa repentina espansione non sono ancora note e sono dovute a fenomeni di fisica ancora sconosciuti. Secondo alcune teorie essa è legata alla produzione di materia oscura, ma sino a che questa particella non sarà identificata direttamente non è ancora possibile avere una risposta definitiva. L’universo a noi causalmente connesso, a noi visibile, ha dunque un ‘raggio’ di circa 46.5 miliardi di anni luce, mentre la sua età è ‘solo’ di 15 miliardi di anni. Le regioni più distanti resteranno per sempre a noi ignote e  inesplorabili. Infatti, per la legge di Hubble, la velocità di allontanamento delle galassie V  è proporzionale alla loro distanza D, per cui le galassie più distanti si stanno allontanando ad una velocità superiore a quella della luce.  Un altro fondamentale problema ancora irrisolto è se le leggi e le costanti della fisica siano diverse dalle nostre in quelle regioni. Infatti ciascuna regione dell’universo è come una delle isole delle Galapagos su scala cosmica, sconnessa dalle altre e dunque in grado di evolversi indipendentemente. Se è così, dovrebbe essere possibile trovare traccia di queste altre ‘isole’ sotto forma di difetti topologici, punti e superfici che cercano di raccordare le diverse regioni dello spazio.

La meccanica Quantistica, in particolare il collasso della funzione d’onda.  Nel momento in cui effettuo una misura, la funzione di probabilità della particella microscopica ‘collassa’ nello stato che vado a misurare. Se ho un sistema di due particelle, la misura di una particella fa collassare istantaneamente anche la funzione d’onda della seconda particella, anche se si trova all'altro capo della galassia. Questo fenomeno è stato misurato più volte in laboratorio. Non è possibile utilizzarlo per trasmettere informazione, ma potrebbe essere sfruttato in future reti di computer quantistici (qui un articolo sul teletrasporto quantistico  e qui una misura recente al riguardo).

Luce Cherenkov in un reattoer nucleare (da wiki)
Luce Cherenkov in un reattore nucleare (da wiki)



L’effetto Cherenkov. La luce (e tutte le onde elettromagnetiche) viaggia a c=300,000 km/s nel vuoto. Se si propaga in un mezzo, l’interazione con gli elettroni atomici del materiale che attraversa, la fa rallentare e muovere a velocità v=c/n, dove n è l’indice di rifrazione del mezzo. L’acqua ha n=1.33 e dunque la luce viaggia ‘solo’ a 200,000 km/s. È quindi possibile avere particelle elementari che viaggiano più veloci della luce (rendendo blu l'acqua dei reattori nucleari). Se sono cariche, come elettroni e positroni, esse creano un’onda d’urto elettromagnetica, analoga a quella degli aerei supersonica nell’aria. (qui è spiegato per esteso).   Molti rivelatori di particelle e telescopi sfruttano questo principio.



La velocità di fase delle onde elettromagnetiche. La cresta di un’onda elettromagnetica in certi materiali si può propagare a velocità superiori a quella della luce. Anche in questo caso non vi è trasmissione di segnale, come quella che avviene con le onde radio, dove quella che conta è la velocità di gruppo (ossia della modulazione) delle onde.
Schema e dimensioni degli effetti luminosi nell'alta atmosfera



Gli effetti Transienti Luminosi o TLE (Transient Luminous Effects). Questi rari fenomeni hanno nomi esotici come Sprites ed  Elves. Di questi, gli Elves sono un fenomeno globulare che si espande sino a 100 km dove forma un’onda d’urto circolare. Se considerata lungo la circonferenza, l’espansione dell’onda d’urto appare superluminale, ma è solo un effetto ottico. I vari punti della circonferenza che si espande non sono causalmente connessi tra loro, ossia non si possono influenzare a vicenda, dato che l’onda è in realtà quella che si propaga, ad una velocità inferiore a quella della luce, dal centro della sfera in basso.

Lo spostamento dei jet di galassie. Anche in questo caso si tratta di un effetto apparente simile a quello precedente. Il jet è emesso a velocità relativistica ma inferiore a quella della luce.  

BONUS: 4 cose che NON vanno più veloci della luce (anche se ci provano)
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Copertina di Mort, di Terry Pratchett
  1. 1. Superman. Dato che a quanto pare non gli bastano i superpoteri che ha, deve andare in giro a dicendo che va ‘più veloce della luce’. L’agiografia del  primo film millanta che sia riuscito anche a viaggiare indietro nel tempo. (Se invece del Daily Planet avesse lavorato in uno dei quotidiani romani sarebbe stato definito un “coatto”).
  2. I tachioni. Ipotetiche ma inosservate e inesistenti particelle che guarda caso  sono…. più veloci della luce. In questa ipotesi da fantascienza (non sono previste da nessuna delle teorie di fisica esistenti o ipotizzate), i tachioni sono costretti a muoversi più velocemente della luce e ‘dunque’ si muovono indietro nel tempo.
  3. I neutrini di Opera. Si è trattato di un errore di misura ed è stato dimostrato che si muovono meno velocemente della luce,  ma si è trattata di una misura importantissima da verificare, dato che una delle ipotesi avanzate fosse che solo i neutrini si muovessero alla velocità massima ammessa dalla Relatività speciale, mentre i fotoni fossero rallentati in qualche modo dalle interazioni con il vuoto quantistico.  (qui un post info sulle scoperte vere di Opera).
  4. La monarchia. Secondo Terry Pratchett (Mort, quarto volume di Discworld): “l’unica cosa che si può muovere più veloce della luce è la monarchia, Secondo il filosofo Ly Tin Wheedle. Il suo ragionamento si basa sul fatto che non si può evere più di un re per volta, e la tradizione richiede che non c’è soluzione di continuità tra i re. Perciò quando un re muore, la successione passa istantaneamente all’erede. Presumibilmente, disse il filosofo, ci deve essere un qualche tipo di particelle elementari, ‘Reoni’, o anche ‘Reginoni’ che veicolano questa informazione. Ovviamente la successione può interrompersi se – nel loro volo – queste particelle colpiscono le loro antiparticelle, i ‘Repubbliconi’. Il suo piano ambizioso per utilizzare questa scoperta per mandare messaggi, basata su un'accurata tortura di un re per modulare il segnale, non fu mai portata a termine perché a un certo punto il bar chiuse.
apparso originariamente su scientificast.it