mercoledì 28 novembre 2012

Un rivelatore di particelle elementari nascosto nella vostra macchina fotografica

La foto della galassia, con il raggio
cosmico indicato dalla freccia
Lo sviluppo delle macchine fotografiche digitali ci consente di avere a nostra disposizione uno strumento astronomico potentissimo, anche senza utilizzare un telescopio. In alcuni post precedenti è stato accennato a come osservare pianeti e  lune, studiare  la luce delle stelle ed  effettuare anche  una semplice analisi spettrale.

Il rivelatore al silicio della macchina fotografica può essere utilizzato anche come rivelatore di particelle elementari. I raggi cosmici che colpiscono la terra sono per lo più assorbiti dall'atmosfera terrestre, per cui al livello del suolo abbiamo per lo più muoni, fratelli maggiori degli elettroni in quanto più massivi. 
Nel corso di una sequenza di foto ho avuto la fortuna di trovare una traccia di un raggio cosmico che ha colpito direttamente la CCD della macchina fotografica. Non si tratta di luce, in quanto le stelle - idealmente puntiformi - appaiono nella foto come piccoli dischi di qualche pixel di estensione. 



E' possibile cercare di risalira a che particella fosse da questi indizi:

Uno zoom del raggio cosmico, la cui interazione
con il sensore della macchina fotografica
ha dato la traccia bianco/porpora verticale.
I cerchietti luminosi sono le stelle, non
perfettamente a fuoco. 
1) Il sensore della Canon Kiss X3 è 22.3 * 14.9 mm, con ciascun pixel delle dimensioni di 4.7 micron. La traccia è lunga circa 90 pixel, quindi circa 450 micron nel silicio.

2)  L'elevato rilascio di energia ha prodotto una traccia molto "luminosa", bianco / violetta, probabilmente originata in basso a sinistra e diretta verso l'alto a destra. 
3) La traccia non è perfettamente dritta probabilmente per lo scattering multiplo del raggio cosmico nel silicio, che si comporta come la pallina nel flipper microscopico del sensore della macchina fotografica.

 Anche se i muoni sono le particelle maggiormente presenti nei raggi cosmici, la loro interazione è quasi trascurabile e per lo più eliminata dal coating  di protezione del sensore (che scherma anche dalle particelle radioattive). Le CCD astronomiche sono più sensibili ai raggi cosmici perché volutamente sprovviste di questa protezione. Un protone di bassa energia si sarebbe fermato prima e soprattutto sarebbe "rimbalzato" di meno nel silicio del sensore. 
L'indiziato principale dovrebbe essere un elettrone od un positrone (elettrone positivo), prodotto nelle  interazioni nell'atmosfera.

Il numero di eventi è comunque molto basso, uno per nottata o meno, ma ciò non dovrebbe far scoraggiare. L'esperimento è molto semplice e può essere ripetuto dentro casa, avendo cura di lasciare la macchina fotografica in condizioni di buio perfetto.

Sommando qualche decina di foto si evidenzia
la traccia delle stelle nel cielo notturno.
La galassia appare come una nuvola indistinta.


giovedì 22 novembre 2012

In Attesa dell'Apocalisse (4): Terence McKenna e l'origine dalla (non)profezia dei Maya

Diagramma di un eclisse di sole
dal Chilám Balám of Chumayel
(dopo  la conquista spagnola)

Le profezie maya possono essere raggruppate in quattro classi: giornaliere, annuali,del katun e speciali, come il ritorno di Kukulcan. La profezia giornaliera è più correttamente una prognosi, compito dell’ah-kinyah, o divinatore piuttosto che del chilám. Ciascuno dei 260 giorni del tzolkin è fortunato o sfortunato…
Come il commentatore maya afferma nel Chilám Balám di Chumayel, [le profezie del katun] sono essenzialmente di carattere storico. Questo perché qualunque cosa è avvenuta in un dato katun si ripeterà nel futuro durante il katun dello stesso nome, approssimativamente ogni 256 anni.

R. Roys, (trad.) Il libro di Chilám Balám of Chumayel, 1933

La pubblicistica parascientifica e la televisione di effetto hanno fatto rimbalzare da tempo la predizione della fine del mondo in corrispondenza del 21 dicembre 2012. La notizia – somministrata, a seconda dei casi, come curiosità scientifica, come minaccia o come strumento per truffe – risulta generata da una presunta profezia Maya.
Va ribadito che i Maya non concepivano la possibilità di predizioni o divinazioni secondo la nostra cultura e tradizione greco-romana, quali pre-determinazione di accadimenti futuri. Piuttosto essi ritenevano che gli eventi si ripresentassero periodicamente come manifestazione delle divinità alla cui cura gli eventi stessi erano affidati.
L’origine della profezia risale in realtà agli anni ’70 ed ha un padre ben preciso. Essa è dovuta ad uno dei più curiosi ed eclettici cultori di scienze alternative, Terence McKenna. Questi è stato un esploratore, sciamanista, cabalista e sperimentatore di droghe psichedeliche, come molti altri individui della sua epoca. Un uomo dalle molte facce, anche dal punto di vista scientifico. Nei suoi scritti, questo prolifico autore descrive le esperienze e visioni avute sotto l’uso delle droghe e la sua particolare interpretazione del mondo e della strada percorsa dalla civiltà moderna. Affine alle dottrine della new age, McKenna se ne discostava nettamente, preferendo e sollecitando la sperimentazione in prima persona per la verifica di messaggi culturali e dogmi di qualunque genere. Pur basandosi su antichi strumenti divinatori come la cabala ebraica e l’I Ching cinese, questo poliedrico personaggio non disdegnava l’uso di programmi di computer di sua creazione, anche basati su teorie matematiche come quella dei frattali. Da questo variegato e caotico potpourri di matematica, sciamanismo, visioni indotte da droghe, McKenna concluse che il numero e la velocità di cambiamenti, complessità e novità fossero aumentate enormemente negli ultimi anni e che la tendenza stesse crescendo verso la catastrofe. Descrivendo la sua teoria, TimeWave Zero (Onda temporale zero), McKenna affermava:
Terence McKenna (1946-2000)
da wikipedia

Siamo sull’orlo di possibilità che ci renderanno letteralmente irriconoscibili a noi stessi, e le possibilità saranno realizzate non nei prossimi mille anni ma nei prossimi venti, poiché l’accelerazione delle invenzioni, delle novità e del trasferimento di informazioni è ormai estremamente rapido.

Lo studioso postulò quindi che tutti questi cambiamenti avrebbero portato la razza umana ad un punto di discontinuità, un asintoto che avrebbe portato alla fine del mondo. Con il suo software, anch’esso chiamato TimeWave Zero, riuscì anche a calcolare l’accelerazione di questa complessità e a predire la data di questa singolarità: curiosamente la data calcolata fu proprio il 21 dicembre 2012.
Nelle sue parole, grande fu il suo stupore quando – nel corso di un viaggio in America centrale – lo scrittore statunitense giunse a contatto con la cultura Maya ed apprese che la data per la conclusione dell’attuale ciclo (quello del 12° baktun) era proprio quella del 21 dicembre 2012. Colpito da questo sincronismo cosmico, McKenna ipotizzò che i sacerdoti Maya – sotto l’effetto di droghe allucinogene – all'epoca da lui ritenute chiavi di porte per l’accesso alla vera conoscenza – avessero avuto percezione di un qualche cataclisma galattico che avrebbe avuto luogo nel 2012 ed avessero allineato il loro calendario di conseguenza.
I suoi detrattori ironizzarono che fosse stato piuttosto McKenna ad aver aggiustato la data della sua predizione per farla coincidere con quella dei Maya, facendo notare che il cataclisma maya avrebbe dovuto essere, all’occorrenza, di natura cosmica e non causato dall’uomo, come quello descritto in TimeWave Zero. I denigratori furono sconfitti: le teorie di McKenna si diffusero rapidamente e presero piede in molti circoli di cultura alternativa e undergound. Successivamente – con il supporto della “rete” – assunsero vita propria e un’amplificazione tale da far spesso dimenticare da dove nascevano e il loro stesso autore.
Le teorie di McKenna non hanno naturalmente alcun fondamento scientifico ma rappresentano un fenomeno interessante se considerato come originale sforzo per interpretare in chiave artistico/letteraria e ricondurre ad una concezione unitaria la complessità dei problemi del mondo odierno. A differenza di molti suoi emuli, McKenna era ritenuto in buona fede nel suo tentativo di conciliare le molteplici dottrine e interessi della sua poliedrica cultura. Sarebbe stato interessante conoscere il suo parere sul proliferare, in questi ultimi anni, di profezie e vaticini sulle prossime apocalissi, ma l’eclettico autore morì nel 2000 all’età di soli 54 anni.

Si ringrazia Francesco Fondi per le informazioni su McKenna

(4) continua

sabato 17 novembre 2012

Stampanti 3D, Robotica e Arduino: Evento gratuito alla stazione Tiburtina di Roma


Il silenzioso avvento delle stampanti tridimensionali si appresta a cambiare molti aspetti della nostra società e dei meccanismi di produzione e distribuzione dei prodotti. 
La possibilità di realizzare qualunque oggetto in plastica e resina a partire da un file di computer  ha infinite applicazioni: dai modellini ai pezzi di ricambio, dalle decorazioni alle protesi. 
Ancora  appannaggio per lo più di studi di design e di appassionati, le stampanti 3d ci permetteranno di  dare vita ai progetti più disparati, permettendo loro di uscire dal mondo informatico del computer per penetrare in quello reale in cui (ancora) viviamo. 
Gli eventi di autoprogettazione e gli incontri di "Makers", una nuova classe di disegnatori/hobbisti/artisti/artigiani digitali sono all'ordine del giorno all'estero e cominciano ad affermarsi in Italia.

Il prossimo 20 novembre Makers University  propone per il secondo anno un evento gratuito a Roma dedicato alla fabbrica in casa e alla sua fisica. Quest'anno l'evento si tiene al Cowo360 vicino a lla Stazione Tiburtina. 
Come già nel 2011 saranno presenti alcuni dei principali esponenti italiani di questo fenomeno:  Alessandro Ranellucci (creatore di Slic3r] e del suo modello fluidodinamico), Lorenzo Cantini (creatore delle stampanti 3D Galileo  e della loro meccanica), Federico Baciocchi (Investigatore  della realtà vista dal Kinect), Michele Galvano (formatore di MCarchitetture[]  e Paolo Cirinei (titolare del portale RobotDomestici). 
E' possibile registrarsi gratuitamente qui.

(reblogged in parte da sftech)

Immagine da wikipedia

venerdì 9 novembre 2012

Perchè non lanciamo i razzi in verticale? La differenza tra lo stare in orbita e nello spazio.




Il lancio dello Shuttle (STS-128). Nella splendida foto NASA
è possibile vedere come il razzo non punti verso l'alto
ma quasi orizzontalmente, per acquistare la velocità
necessaria per restare in orbita.
Osservando il lancio di un razzo si può notare che, dopo aver percorso poche centinaia di metri, la sua traiettoria si piega  inclinandosi dalla verticale. 
Questo perché la spinta del razzo non è necessaria solo per far innalzare il razzo di qualche centinaio di chilometri (400 circa per l'orbita della Stazione Spaziale Internazionale), ma soprattutto a fargli acquisire velocità orizzontale. 
Per mantenere in orbita un satellite è infatti necessario che questo abbia una velocità tale che la forza centrifuga (diretta verso l'alto) gli faccia vincere l'attrazione di gravità (diretta verso il basso): in orbita bassa, come ad esempio per la Stazione Spaziale è necessaria 8 volte più energia per acquisire la velocità di 7.7 km/s rispetto a quella per raggiungere i 380-400 km di altezza della stazione. 
Il rapporto tra l'energia spesa per vincere la forza di gravità Q  rispetto a quella  necessaria per fargli acquisire velocità K è pari  alla metà del  rapporto tra il  raggio terrestre e l'altezza del razzo (trascurando la velocità iniziale dovuta alla rotazione terrestre. In formule  K/Q = 1/2   Rterra / Hrazzo).


Il profilo di lancio  e rientro
della Spaceship one
E' questa la fondamentale differenza tra i razzi spaziali come lo Shuttle e la Soyuz e la SpaceShip one: questa è più simile ad un sasso lanciato verso l'alto e che torna a terra dondolando come una foglia. In questa maniera è possibile con motori molto piccoli (e partendo da un aereo) superare i 100 km di altezza ma solo per poche centinaia di secondi. 

Fu per primo Newton  a rendersi conto che sparando orizzontalmente con un cannone abbastanza potente era possibile imprimere al proiettile una velocità sufficientemente alta da metterlo in orbita. Questo doveva essere ciò che era accaduto alla Luna, che orbita "in caduta libera" attorno alla terra.

La palla di cannone e le orbite
di Newton (Principia, vol 3 p4)


Andando più in alto la velocità orbitale diminuisce e la ripartizione  tra energia cinetica e potenziale va a vantaggio di quest'ultima: in orbita geostazionaria, dove la velocità è 3km/s essa è pari a meno del 10%.
Da lì basta pochissima energia in più (il 15%)  per raggiungere la luna e gli altri pianeti): in orbita geostazionaria siamo quasi usciti dal pozzo gravitazionale della terra. La stazione spaziale è molto più in 'fondo al pozzo':  anche tenendo conto dell'energia cinetica essa ha appena la metà dell'energia necessaria per sfuggire all'attrazione terrestre.  

Uno dei voli di test della
Spaceship one.
Si tratta di un volo parabolico
che raggiunge lo spazio ma non
la messa in orbita. 
Note: 
1. E' per questo che gli astronauti a bordo della stazione spaziale sono soggetti alla gravità terrestre ma in condizioni di assenza apparente dato che l'attrazione terrestre è cancellata dalla forza centrifuga. Dato che la stazione spaziale ha piccole oscillazioni, risente dell'attrito, con il residuo dell'atmosfera ed altre micro-forze, si parla di condizioni di microgravità (perché le oscillazioni sono circa un milionesimo della gravità terrestre).

2. Qui uno splendido grafico di xkcd sui pozzi gravitazionali dei pianeti e del sistema solare

3. In caso di orbita circolare il risultato si ottiene  uguagliando la forza centrifuga:
 mv2/(Rterra+Hrazzo
con quella gravitazionale 

GM m / (Rterra+Hrazzo)2 
dove G è la costante di gravitazione universale, Rterra è il raggio terrestre M è la massa della terra e Hrazzo è l'altezza del satellite di massa m dal suolo. 
L'energia cinetica necessaria è K=1/2 m v2, quella gravitazionale Q= GMm[ 1 / (Rterra+Hrazzo) - 1/Rterra].
Da lì si ottiene il rapporto K/Q = 1/2 Rterra/Hrazzo





martedì 6 novembre 2012

In attesa dell'Apocalisse (3): L'astronomia dei Maya


Una pagina del codice di Dresda,
in cui si trova una gran parte delle
nostre conoscenze su astronomia
 e calendario Maya
Questo è il secondo post  su scienza, cultura e civiltà Maya, ospitato sul blog di scientificast.  Lo spunto per discutere di questa fenomenale quanto aliena (per noi) civiltà viene dall’imminente   21 dicembre 2012,  pur non essendo ovviamente la data della fine del mondo secondo i Maya.  La profezia non esiste, ma questo popolo ha molto da insegnarci sulla fine del mondo, avendo subito una serie di cataclismi nel corso della loro storia (qui il primo post). 

L’astronomia Maya
I Maya eccellevano nelle osservazioni astronomiche: i loro sacerdoti erano, infatti, in grado di misurare con estrema precisione la traiettoria dei corpi celesti e la durata dei loro spostamenti sulla volta celeste. Le accurate conoscenze matematiche (di cui abbiamo parlato qui) si svilupparono in parallelo con l’astronomia.
La maggior parte delle nostre informazioni sulle conoscenze astronomiche dei Maya proviene dagli unici  quattro codici superstiti  e fotografa le nozioni che avevano un paio di secoli prima della venuta degli spagnoli. Recenti ritrovamenti di pitture murali a Xultum, nell’attuale Guatemala, confermano che queste conoscenze erano già consolidate nel 9° secolo, durante il periodo classico.
Osservazioni astronomiche
I sacerdoti maya avevano un compito di formidabile difficoltà: per poter effettuare predizioni corrette dovevano mettere in relazione i cicli del sole e della luna con una comune scala temporale e con l’almanacco divinatorio di 260 giorni.  Per raggiungere questo scopo, effettuarono misure dei periodi orbitali della luna e dei pianeti di gran lunga più accurate di quelle dei contemporanei europei, riuscendo a raggiungere una precisione dello 0.001% (10-5). Per rendere l’idea, sarebbe come misurare l’altezza di un uomo con una accuratezza pari ad un decimo dello spessore di un capello. Questo ha fatto nascere le più fantastiche leggende circa il possesso, da parte dei Maya, delle più svariate tecnologie, riguardo presunte conoscenze misteriose e – immancabilmente – a proposito del coinvolgimento di civiltà aliene.

sabato 3 novembre 2012

In Attesa dell'Apocalisse (2): Mai più Maya, e-book gratuito su eBrooks

Qui il link  per scaricare gratuitamente il libro completo.

Recentemente si è riproposta con crescente insistenza l'idea di una catastrofica fine del mondo che sarebbe stata prevista secoli fa dai sacerdoti maya, La data è quella della fine del dodicesimo ciclo di circa 400 anni del loro calendario, stimata nel 21 dicembre del 2012.
Con l'approssimarsi di questa data, in collaborazione con eBrooks  si è deciso di rendere disponibile gratuitamente questo testo. eBrooks è un editore digitale che presta  particolare attenzione alla diffusione 'trasversale' nei vari e mutevoli mondi on-line. In Mai Più Maya si  ripercorre la reale storia dei Maya e l'origine della profezia a partire dalla loro matematica, astronomia ed il loro precisissimo calendario. Parte degli argomenti saranno anche ripresi ed affrontati su questo ed altri blog.
Nel corso dei vari decenni trascorsi dalla prima formulazione, comparsa negli anni '70 negli Stati Uniti  allora, la ‘profezia’ è stata riciclata più volte, stravolgendo non solo concetti e credenze del popolo dello Yucatán, ma anche l’originale enunciazione new age.
  Paradossalmente, la storia dei Maya racchiude ancora molti misteri non solo archeologici ed è ricca di vicende di rilevanza cruciale per il mondo di oggi. Dare ascolto alle profezie ed a cataclismi presunti non fa altro che distogliere l’attenzione dai reali eventi catastrofici che hanno caratterizzato la complessa storia di questo popolo e che possono riproporsi – con le dovute analogie e specificità - su scala mondiale anche al giorno d’oggi. Questo antico popolo è stato infatti soggetto alla maggior parte di quegli stessi eventi catastrofici che minacciano su scala planetaria – realmente o nell’immaginario collettivo - la nostra civiltà: siccità, cambiamenti climatici, sovrasfruttamento delle risorse, invasione dei conquistadores, epidemie... 
Illustrazioni di Shun Iwasawa
Se la loro civiltà soccombette, il popola maya riuscì  a sopravvivere a tutto questo e vivono ancora nello Yucatan. 

Al di là dell’interesse archeologico e sociale, l’importanza dei Maya non risiede dunque nella “profezia” o nella “non-profezia”, ma in come abbiano subìto, combattuto e superato una serie di terribili cataclismi.

Illustrazioni giapponesi

Mai più Maia si avvale delle illustrazioni di Shun Iwasawa, disegnatore ed esperto di computer grafica  in forza allo Studio Ghibli di Tokyo, dove ha collaborato alla realizzazione dei film più recenti (Ged, Ponyo, Arietty, Poppy hill). 

Pseudoscienze del nuovo millennio

L’unica catastrofe evitabile è quella dei comportamenti dell’uomo
Pur rappresentando un testo a sè stante, Mai più Maya è il primo capitolo di un libro sulle catastrofi reali e presunte che minacciano  l'uomo ed il nostro pianeta.   Nei prossimi anni potremmo trovarci a fronteggiare problemi di sopravvivenza. Differentemente dal passato, oggi in molti casi potremmo agire per tempo e ridurre le conseguenze. Purtroppo una cattiva divulgazione scientifica e la spettacolarizzazione di catastrofi e guerre ridicolizza e nasconde  i veri problemi. Il nostro pianeta è più esposto a potenziali devastazioni di quanto possiamo e vogliamo immaginare; la nostra specie lo è ancora di più. Se vogliamo sopravvivere come singoli e come specie umana dobbiamo comprendere i rischi che corriamo per affrontarli con raziocinio.

Come già accennato, il testo è scaricabile gratuitamente dal sito di eBrooks. E' disponibile in formato epub, kindle/mobi ed in pdf (ottimizzato per la stampa fronte/retro), senza DRM. Se vi piace il testo per favore diffondete il link alla pagina web, non il file. Ovviamente ogni commento, correzione, critica sono incoraggiati.
Buona lettura!






venerdì 2 novembre 2012

L'orizzonte della terra da pallone e dallo spazio.

Volo Stratospera 5 (2012)
In un post precedente avevamo cercato di calcolare le distanze che vediamo dal finestrino dell'aereo (11 km). 
Per calcolare la distanza dell'orizzonte da altre altezze possiamo usare le foto del recente volo del pallone degli amici di Stratospera, che   ha prodotto nuove  e splendide  immagini da un'altezza di 15 km (e non solo: il loro sito è una miniera d'oro di dati, informazioni e soprattutto di "esplorazione & ricerca"). A queste di aggiungono le foto del lancio precedente (il quarto) da 30 km e quelle di  Felix_Baumgartner da 39 km. 
La tecnica è sempre la stessa e relativamente semplice: calcolando la distanza nota dell'orizzonte a partire dall'altezza [La distanza dell'orizzonte D dipende dall'altezza H  cui ci troviamo secondo la formula H=radice(2*H*R)] possiamo stimare le dimensioni dei vari oggetti. E' una tecnica molto approssimata, dato che non conosciamo il campo di vista della macchina fotografica, o meglio la posizione del nadir, il punto sotto di noi. 


 I punti scelti per stimare l'altezza sono all'incirca dove svanisce il blu dell'atmosfera ed inizia l'oscurità dello spazio. Anche questo punto dipende molto dalle regolazioni e della sensibilità della macchina fotografica. In ogni caso le tre immagini forniscono un'altezza concorde di circa 40 km, ossia più o meno l'altezza massima che possono raggiungere i palloni. 
Felix Baumgartner







E' possibile utilizzare anche le foto prese dalla stazione spaziale internazionale. In questo caso abbiamo altri punti di riferimento: quelli dell'aurora.  Anche qui ritroviamo (fortunatamente) l'altezza dell'atmosfera a 40 e quelli dell'aurora tra 100 e 200, in accordo con i valori cui si manifesta questo splendido fenomeno. 




L'aurora dalla ISS (da questo video)