domenica 4 dicembre 2011

Due falci e due misure, l'egoista psicologia delle morti da radiazione e non.

Lo tsunami dell'11 marzo colpisce
la centrale di Fukushima
causando due vittime non per le
radiazioni, ma per il mancato
rispetto delle norme di sicurezza. 
L'eco sulla stampa italiana ed internazionale  del ricovero per malattia del presentatore della TV Norizaku Otsuka e del direttore della centrale di Fukushima  Masao Yoshida. I fatti sono riassunti in un post precedente qui ed in uno del CICAP. Se nel primo caso l'associazione errata era: ha mangiato le verdure di Fukushima dunque ha la leucemia, nel secondo caso il voyeurismo speculativo si è soffermato sull'ipotesi che il direttore della centrale sia stato ricoverato a seguito dell'esposizione alle radiazioni. 
I dati medici di Yoshida sono privati, anche se dopo qualche giorno è arrivata la smentita che la sua malattia non fosse legata alle radiazioni.
La domanda è però inessenziale. Il direttore,  noto per aver più volte ignorato gli ordini (sbagliati) della TEPCO, è stato sottoposto a enorme stress negli ultimi mesi passati a stabilizzare e portare in sicurezza la centrale. E' presumibile che la sua malattia sia legata all'enorme lavoro e pressione subita sino ad ora. Per cui l'incidente di Fukushima è comunque causa della sua ospitalizzazione. 


Discorso analogo vale per i due giovani lavoratori rimasti uccisi dallo tsunami dell'11 marzo, Yoshiki Terashima, 21, and Kazuhiko Kokubo, 24. Le scarse sicurezze alla centrale, nel caso specifico la barriera frangiflutti troppo bassa ne ha causato la morte. Se si volesse obiettare che un evento del genere fosse imprevedibile (anche i presenza di dati archeologici che dimostrano il contrario), resta il fatto che sul luogo di lavoro vanno rispettate le norme di sicurezza ed informati i lavoratori, in questo caso che le onde dello tsunami non sono mai isolate e che quelle successive sono solitamente più alte delle prime.   
Ai defunti ed alle loro famiglie (che i poveretti avevano contattato per rassicurarle) importa poco, ma l'eco che ha avuto la loro sfortunata morte ed il recupero dei loro corpi sarebbe stato enormemente maggiore se fosse stato direttamente imputabile alla radiazione.  


Questo è probabilmente legato alla cinica considerazione che un evento è tanto più "appetibile" quanto maggiormente coinvolgente per il lettore e si traduce nella legge giornalistica che - per fare notizia -  il numero di morti deve essere tanto maggiore quanto è la distanza dal luogo in cui si stampa il giornale. 
Conseguentemente le domande che vengono spesso rivolte a me a colleghi ed amici che hanno contatti con il Giappone è "quanto è pericolosa Tokyo?", non "quanto è pericolosa la città di Fukushima?". O meglio ancora "quanto impatto psicologico ha avuto l'evacuazione forzata degli abitanti vicino alla centrale?"  
Uno dei rapporti IAEA  su Chernobyl pone un forte accento sui traumi e gli effetti psicologici ed le ripercussioni a livello medico della rilocalizzazione degli abitanti delle zone vicine alla centrale ucraina. Ma è più difficile che questi temi, pur presenti in letteratura scientifica  e nei giornali giapponesi  trovino molto spazio sulla stampa internazionale. 






ps grazie a Paola Ghirotti e Luca Bertagnolio

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