Enrico Fermi (foto da qui) |
Enrico Fermi fu tra i primi a chiedersi perché nessuna forma di vita
extraterrestre non fosse ancora entrata in contatto con noi. Dato che la Via Lattea è costituita da
centinaia di miliardi di stelle, molte delle quali milioni e miliardi di anni più vecchie della
nostra - ragionava il geniale scienziato
- si dovrebbe presumere che la galassia pulluli di civiltà avanzate. Tuttavia sino ad ora non vi è alcuna
traccia o evidenza della loro esistenza. Questa apparente contraddizione,
evidenziata originariamente dal premio Nobel ai suoi collaboratori, è poi divenuta nota – nei suoi
vari enunciati - come il paradosso di
Fermi. Una riformulazione matematica
di questa domanda è contenuta nell'equazione di Drake, che cerca di stimare il numero di civiltà potenzialmente in grado
di comunicare con noi. L’equazione richiede stime del numero di stelle nella
galassia, dei pianeti abitabili, della probabilità che
la vita si formi su uno di essi, che si evolva sino a raggiungere un livello di
vita intelligente sopravvivendo alle varie catastrofi planetarie e cosmiche. Le
incertezze legate ai vari termini, soprattutto quelli biologici sulla nascita
di forme di vita su altri pianeti, producono un numero estremamente variabile che
tocca anche lo zero. Valori conservativi
dovrebbero comunque far ben sperare sulla presenza di altre forme di vita
intelligente.
E’ quindi molto
difficile avanzare ipotesi sulla presenza e sul tipo di civiltà extraterrestri
e sul motivo del loro apparente silenzio. Tra le varie ipotesi ci sono quelle
che siano troppo evolute per avere interesse a comunicare con noi, che si siano
tutte autodistrutte o che siano simili
alle culture precolombiane, dotate di alta civiltà e conoscenze astronomiche ma
senza interesse per un progresso scientifico e tecnologico di stampo europeo.
E’ stata anche
avanzata la possibilità che la vita si sia formata in più' pianeti della nostra
galassia ma che sia periodicamente spazzar via da catastrofi cosmiche che ne
precludono l'evoluzione e il progresso scientifico.
Drake formulò la
sua equazione in uno dei primi incontri di quello che sarebbe poi diventato il
più famoso programma di ricerca di
segnali di intelligenza extraterrestri. Il progetto SETI (Search for Extraterrestrial intelligence), di cui si tiene a
settembre il congresso italiano, cerca segnali radio strutturati nel rumore incoerente proveniente dal cosmo.
Al momento
purtroppo non è stato rivelato alcun tipo di segnale, ma questo non deve fermare
ulteriori ricerche ed analisi cui tutti possono contribuire. Infatti il
programma SETI rappresenta anche il primo esempio di progetto di calcolo distribuito
(SETI@home) tra le CPU di migliaia di volontari da casa.
L’assenza di
segnali radio non deve farci scoraggiare: del resto è possibile che le onde
radio siano utilizzate per comunicare solo per un breve periodo dello sviluppo
tecnologico di una civiltà e che poi siano abbandonate in favore di meccanismi
più efficienti. Nel nostro caso le prime trasmissioni radio hanno avuto inizio
con Guglielmo Marconi negli anni ’30. Le nostre (deboli) trasmissioni si sono
quindi propagate nel cosmo coprendo una sfera del raggio di circa 80 anni luce,
una frazione risibile delle dimensioni della galassia (il cui raggio è 50000 anni
luce) ma che ha raggiunto già circa 10000 stelle.
Il rivelatore Ice-Cube, posto al polo Sud |
Oltre alle onde
radio, vi è un altro segnale che stiamo spedendo nella galassia, quello dei
neutrini prodotti nelle reazioni nucleari. La segnatura di ciascun reattore
nucleare è univoca per intensità e distribuzione energetica dei neutrini emessa
e rappresenta un segnale basso ma continuo. Eventuali rivelatori alieni devono
essere in grado di identificare questi neutrini a distanze stellari separandone
il segnale dal più intenso fondo naturale prodotto nelle reazioni nucleari
stellari e nell’esplosione di supernovae. Le dimensioni devono perciò essere
enormi, data la bassissima probabilità di interazione dei neutrini, soprattutto
a bassa energia. Un altro segnale rivelabile potrebbe essere il boato - sempre
in termini di numero di neutrini - delle
esplosioni nucleari: dal primo test nel 1945 sino ad oggi sono state fatti
esplodere circa duemila ordigni a fusione e fissione. Viceversa rivelatori terrestri, come Ice-Cube potrebbero essere in grado di rivelare un segnale di neutrini che però dovrebbe essere diretto esattamente verso di noi.
Se qualcuno nel
vicinato è in ascolto potrebbe essere in
grado di percepire i nostri: naturalmente non è scontato che abbia voglia o
interesse di risponderci, o che la risposta (magari già in viaggio) sia necessariamente
pacifica.
Questo post partecipa all'edizione congiunta dei carnevali della fisica e della chimica di agosto-settembre, dal titolo "cercando tracce di vita nell'universo", tenuta dai blog chimicare e da scientificando
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