martedì 6 agosto 2013

Il bombardamento di Hiroshima, gli scienziati giapponesi e Nishina




Yoshio Nishina2.JPG
Yoshio Nishina (1890-1951)
Il 6 Agosto 1945 un ordigno nucleare fu lanciato sulla città di Hiroshima, causando circa 140,000 morti, tra decessi immediati e per successivi tumori. 
La bomba era  relativemente semplice: un cilindro  di uranio entrava in un tubo, sempre d'uranio, facendo raggiungere la massa critica per innescare una reazione nucleare a catena. Il potere distruttivo fu di circa 11,000 tonnellate di esplosivo convenzionale[1].
Il Giappone aveva un suo programma di ricerca sulle armi nucleari, ma non aveva fatto molti progressi.  Tra i partecipanti al progetto, il fisico teorico Yoshio Nishina, poi noto per la formula Klein-Nishina, (probabilità di emissione di fotoni da parte di un elettrone).
Schema di 'Little Boy'
la bomba all'uranio usata
contro Hiroshima
Exposed X-ray film
Lastra fotografica impressionata dai raggi X
della radiazione della bomba nucleare.
I raggi X penetrarono il cemento e il piombo in cui
le lastre erano contenute (da qui)
Nishina riuscì a raggiungere quello che restava di Hiroshima solo l'8 agosto. Già altri suoi colleghi avevano scritto, in una serie di rapporti, che l'ordigno utilizzato era - come dichiarato dal presidente Truman - di tipo nucleare. I militari negavano strenuamente la possibilità, ipotizzando bombe al fosforo o magnesio e speravano di poter continuare la guerra. Le evidenze erano però incontrovertibili: fusione delle tegole che implicava più di 2000 gradi, impressione delle lastre a raggi X negli ospedali, radiazione residua nell'area colpita... e lasciavano poco spazio alle speculazioni.
Tuttavia i rapporti che raggiungevano Tokyo erano contrastanti e quello di Nishina arrivò solo il 9 agosto, il giorno del bombardamento di Nagasaki. (Qui  un dettagliato ed interessante resoconto dello stato della ricerca nucleare in Giappone nella seconda guerra mondiale e la reazione degli scienziati alla notizia della bomba)[2].
E' ancora storicamente dibattuto se la resa immediata  del Giappone dopo Hiroshima avrebbe potuto evitare il bombardamento Nagasaki (in quel caso la bomba era al plutonio, con un innesco di esplosivo convenzionale per comprimere la sfera di plutonio oltre il raggio critico. I costruttori erano 'curiosi' di sapere se avesse funzionato e quanta era la sua effettiva potenza). 

E' inoltre ancora dibattuto se la resa sia avvenuta per 'merito' delle armi nucleari o piuttosto causata dall'entrata in guerra della Russia, sempre il fatidico 9 agosto 1945. 

Il quotidiano Asahi Shimbun dedica una serie di pagine ai  racconti dei superstiti, esposti  sia al dolore immediato che a lungo termine, spesso combattendo anche con  l'ostracismo dei loro stessi connazionali.  


[1] Le bombe di Hiroshima e Nagasaki furono molto piccole se confrontate con le bombe all'idrogeno, più di 1000 volte più devastanti: per dare un'idea, su Roma le prime due distruggerebbero 'solo' qualche rione in centro, mentre quelle a fusione da 10Mt spazzerebbero via tutto quello che c'è entro il Raccordo Anulare. Qui un applicazione che confronta la potenza delle armi nucleari in circolazione.

[2] Dopo la guerra gli americani buttarono i ciclotroni del RIKEN nella baia di Tokyo come atto di ripicca. Involontariamente fecero un favore agli scienziati giapponesi, che poterono chiedre finanziamenti per costruire acceleratori migliori. Il RIKEN divenne uno degli istituti di frontiera nello sviluppo degli acceleratori. Questa sezione divenne poi il KEK

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