mercoledì 27 luglio 2011

Esposizione alla radiazione in Giappone ed unità di misura.

  • Le dosi cui siamo soggetti in un anno sono di circa un millesimo di Sievert, 1 mSv. La quantità di radiazione presente in un luogo o in un edificio è meglio misurata in quantità assorbita in un’ora: Sv/h. A Roma l'esposizione è circa 0.4 micro Sv/h (ossia un po' di più di 1 mSv/anno) , a Tokyo è 0.1 microSv/h (ossia un po' di meno di 1mSv/anno). Le soglie di sicurezza sono poste a 15 mSv/anno (ad esempio agli istituti di ricerca), innalzate a 250 mSv/anno per i lavoratori. Per chi ha bambini piccoli una soglia di 10 mSv è sicura ma il riferimento di 1 -2 mSv/anno può aiutare a far dormire sonni tranquilli.
  • Per passare da Bq a Sv è necessario un modello biologico degli effetti della radiazione e di come essa viene assorbita ed espulsa dall'organismo. Il NIRS, National Institute for Radiological Sciences di Chiba ha pubblicato una serie di linee guida e di riferimenti molto ben scritti sulla situazione a Fukushima e sulle soglie di sicurezza della radiazione. 
  • In questo documento vengono riportati i fattori di conversione da Bq a Sv.   Per il Cesio (lo Iodio è ormai decaduto) il fattore di conversione è circa J= 0.01 microSv/Bq (varia leggermente a seconda degli isotopi e a seconda se si è adulti o ragazzi). La dose equivalente è
 D= J*A*W
D è la Dose in Sv
J è il fattore di conversione
A è l'attività in Becquerel/kg (o per litro se è un liquido)
W è il peso in chilogrammi dell'alimento che si ingerisce (o in litri se si beve)

Quindi supponiamo di ingerire per errore  un alimento che abbia 200 Bq/kg e di mangiarne un chilo. La dose cui si è esposti è : 
D=0.01microSv/Bq*200Bq/kg*1kg =2 microSv 

ossia il 2 per mille di quello cui si è soggetti per cause naturali in un anno. 

Riguardo la mappa  dell'attività al suolo (misurata in Bq/metro quadrato) si può utilizzare un fattore approssimativo di 1mSv/anno in più per chi vive nei luoghi con più di 300.000 Bq/m^2. In altre parole  vivendo un anno nelle regioni colorate di azzurro chiaro (300.000 - 600.000 Bq/m^2) si è esposti ad 1-2 mSv in più ogni anno. 
Per quanto questo valore sia piccolo, le fluttuazioni legate ai depositi di polveri e l'esposizione ai bambini nei cortili delle  scuole rendono giustificabili ed utili le campagne di misura e bonifica attuate autonomamente dai genitori e dalle amministrazioni locali. 

Unità di misura della radiazione.

Le complicazioni legate alla misura della dose radioattiva sorgono quando si cerca di mettere in relazione le quantità fisiche, come i decadimenti, l’energia persa e la ionizzazione dell’aria, con quelle biologiche, legate agli effetti che la radiazione può avere nel corpo umano. Vengono quindi usate molte unità a a seconda di quello che si intende quantificare.


  1. Becquerel ed attività di una sorgente. (Per analogia con la luce, è  paragonabile  alla luminosità di un corpo celeste: alta nel sole, bassa nella  luna, trascurabile nelle stelle) Il numero di decadimenti di un nucleo radioattivo al secondo si misura in Becquerel, in onore del noto fisico francese. Un Becquerel equivale a un decadimento al secondo, per cui un alto numero di Becquerel nell’acqua o nel cibo indica una elevata concentrazione di materiale radioattivo. La soglia di sicurezza per l’acqua potabile a Tokyo è 100 Becquerel/l ossia 100 decadimenti al secondo in un litro d’acqua. Dopo un picco di 210 Bq/kg per lo iodio-131 il 24 marzo, i valori sono tornati alla normalità. In Italia il Consiglio Superioredi Sanità ha fissato la quantità di radon nell’acqua in 100 Bq/litro (per i bambini questa soglia scende a 32 Bq/litro). Per confronto, la radiazione dell’acqua nel mare nei pressi di Fukushima il 25 marzo era di 50 kBq/l e quella accumulatasi nella sala accanto a quella del reattore era di 3.9 G Bq/l. Il suolo nella zona di Iiate, a 40 km a sud da Fukushima è risultato essere di 2 kBq/cm2, ossia un cm2 di terreno mostrava 2.000 decadimenti al secondo, rispetto ad una soglia di sicurezza di 1000.  
  2. Gray ed dose assorita. (E' paragonabile a quanto illumino una certa zona) L’energia rilasciata dalla radiazione in un materiale viene misurata in Gray (Gy)v. Il Gray è l’unità di misura della dose assorbita e corrisponde a una quantità di radiazione che rilascia 1 Joule (circa ¼ di caloria) in un chilogrammo di materia (organica come il nostro corpo o inorganica come gli edifici). Essere esposti a un Gray è estremamente pericoloso e può portare – senza cure – alla morte in breve tempo: la radiazione cui siamo soggetti al suolo in un anno ammonta circa a un millesimo di Gray, o milliGy.
  3. Sievert e dose equivalente. (E' paragonabile a quanto mi abbronzo a seconda della luce cui sono esposto in una certa zona) Col tempo ci si accorse che, a parità di radiazione assorbita, i raggi alfa erano molto più pericolosi dei gamma e dei beta. Questo è dovuto alla maggiore densità di ionizzazione rilasciata dai nuclei di elio. Per tener meglio conto del tipo di radiazione cui si è esposti si è poi introdotto il Sievert (Sv), unità di misura della dose equivalente. 
                     1 Sv = 1 Gy * F,
          dove F è il fattore di merito della radiazione cui siamo esposti. Il termine può trarre in inganno: un alto fattore di merito come i  protoni (F=2) o i nuclei di elio delle particelle alfa (F=20) indicano una radiazione più pericolosa di una con basso fattore di merito, come gli elettroni, i raggi X e i raggi gamma (F=1).

In prima approssimazione possiamo quindi considerare i Sv pari al Gray: 1 Sv = 1 Gy, ricordando però che la radiazione alfa è 20 volte più pericolosa delle beta e gamma (anche se è schermabile più facilmente).
Essere soggetti ad 1 Sievert significa correre un rischio molto grosso, ma le esposizioni a queste quantità sono molto rare e si verificano solamente in caso di incidenti o nell’uso di armi nucleari (Hiroshima, Nagasaki e molti dei test successivi).



Adattato ed aggiornato dal libro su "come sopravvivere alla radioattività"

venerdì 22 luglio 2011

Arrivederci allo Space Shuttle

L'ultima missione dello Shuttle, STS-135 è atterrata il 21 luglio 2011.
Non è stato possibile vedere lo Shuttle al rientro dallo spazio in quest'utlima missione: questa sotto è la foto scattata al termine della missione precedente, la STS-134. Lo shuttle si è già sganciato dalla stazione spaziale e la precede in un'orbita più bassa (la velocità orbitale è minore ad altezze maggiori). Questo è probabilmente l'ultimo passaggio visibile dall'Italia.


L'era dello Shuttle è giunta al termine. Putroppo la gloriosa navicella è stata progettata male (non ha alcun senso lanciare le persone assieme al cargo) e gestita peggio (i due incidenti che hanno causato la morte di 14 astronauti sono da attribuirsi a cattivo management).
Nonostante tutto è riuscita a completare il suo lavoro: la stazione spaziale è finalmente completa.
Non dimentichiamo che con quattro  lanci del Saturno V (i cui gli ultimi due esemplari sono finiti in un museo) si sarebbe potuto avere lo stesso volume abitabile (lo Skylab era già in orbita) della stazione spaziale ad un costo estremamente minore e più di trent'anni fa.

mercoledì 13 luglio 2011

Come sopravvivere alla radioattività: presentazione da Mel Bookstore, mercoledì 13 luglio 2011




Grazie mille a tutti i partecipanti che hanno sfidato il caldo e l'afa. Un ringraziamento speciale a Maurizio Cumo ed Adriano Monti-Buzzetti.
Da sinistra: Maurizio Cumo, Adriano Monti-Buzzetti, l'autore
(tutte le foto di Vito Andrea Marchese)


Alcuni dei campioni di materiale radioattivo comunemente reperibili in commercio. Non sono pericolosi per la salute ma hanno una quantità di radiazione molto superiore a quella presente in Giappone al di fuori della regione di Fukushima

A sinistra, Maurizio Cumo, a destra Adriano Monti-Buzzetti

Il rinfresco a base di tè giapponesi, senbei e mochi è stato gradito dai partecipanti alla presentazione. 





Mercoledì 13 luglio, ore 18,  presso la Libreria Mel's Bookstore

Maurizio CUMO,
      professore ordinario di Impianti nucleari dell'Università di Roma - La Sapienza


Adriano MONTI-BUZZETTI
      giornalista RAI, 

presentano il volume   
Come sopravvivere alla radioattività
e ne discutono con l'autore.
Al termine della presentazione  ai partecipanti sarà offerta una degustazione di tè e specialità giapponesi, mochi e senbei.








Per informazioni:
Cooper – ufficio stampa
Elena Giacchino 
ufficiostampa@bandalargaeditore.it
Tel. 06 80 91 271 ; Cell. 340 26 82 776

Radioattività: errata corrige

Riportiamo in questa sede alcune correzioni ed osservazioni pervenute al volume "Come sopravvivere alla radioattività":




1) Prof. Romolo Remetti, Università di Roma la Sapienza,  Ingegnere Nucleare ed Esperto Qualificato in Radioprotezione:


Riguardo ai riferimenti a Chernobyl, devo però notare che le stime sulle conseguenze dell'incidente sembrano estremamente sopravvalutate. Come potrà verificare sull'ultimo rapporto della United Nations Scientific Commitee on the Effetcs of Atomic Radiations, UNSCEAR 2008, annex D

http://www.unscear.org/unscear/en/publications/2008_2.html


che segue anno per anno le conseguenze dell'incidente, ormai sappiamo che gli effetti sulla salute umana sono stati i seguenti:

  • 31 vittime immediate (28 per radiazioni e 3 per traumi da esplosione)
  • Rilascio di radioattività di entità tale da far prevedere circa 10.000 casi di cancro alla tiroide nell'arco di 80 anni. Dopo 25 anni 6.000 di questi casi si sono già verificati e 15 sono risultati mortali.



2) Prof. Maurizio Cumo, professore ordinario di Impianti nucleari dell'Università di Roma - La Sapienza 

a pag. 81 quarta riga al posto di una potenza pari circa il 6% di quella nominale si dovrebbe mettere: potenza iniziale.

[quindi diviene: "Anche in condizione di spegnimento un reattore continua  a produrre calore  con una poternza pari a circa il 6% di quella iniziale"]

A pag.97 riga 10: mettere "divergente" al posto di "autosostenentesi".

[quindi diviene: "Si innescò una reazione a catena divergente"]




3) Luca Bertagnolio fa correttamente notare come: 


" ... la piscina del reattore 4 non e' mai stata prosciugata, e certamente non ci sono state esplosioni che la hanno danneggiata nella maniera in cui era ipotizzato da chi parlava di barre senz'acqua.

Anche sul mio blog Futuro Nucleare avevo riportato in data 4 Giugno la notizia corredata di un video molto chiaro:
http://futuronucleare.com/it/2011/06/04/no-fire-at-fukushima-unit-4-pool/

La fonte originale della notizia e' questa:
http://www.4factorconsulting.com/energy-industry/nuclear-power-and-the-witch-hunt

Le analisi successive hanno evidenziato come l'esplosione di idrogeno del reattore 4, che era spento e completamente scarico al momento del sisma, siano state causate dall'idrogeno dell'unita' 3 che e' entrato dalle tubazioni di ventilazione che, solamente per l'unita' 4, mancavano di valvole unidirezionali che impedissero il riflusso di gas dall'esterno del fabbricato."


Al momento di chiudere il libro putroppo non erano ancora disponibili  le riprese della piscina del reattore 4, che era spento al momento dell'incidente. Al momento di ipotizzò che l'esplosione di idrogeno provenisse dal materiale lasciato a raffreddare nella piscina. Col tempo si è capito che l'idrogeno proveniva in realtà dall'edificio numero 3, e che il materiale nella piscina fosse intatto, come giustamente segnalato da Luca. 



Ringrazio molto per le correzioni ricevute... onestamente temevo di aver fatto  molti più errori (ma probabilmente devono ancora venir fuori...). Riguardo gli effetti di Chernobyl, un altro rapporto, dell'ECRR con stime diverse da quelle dell'UNSCEAR è a questo indirizzo

domenica 10 luglio 2011

Antimateria e la materia oscura nello spazio con PAMELA (2)

Adattato ed aggiornato da M.C., P. Picozza, Pamela: la ricerca di antimateria nello spazio, Le Stelle, n.73 maggio 2009. 
Seconda parte

Obiettivi scientifici e risultati


Gli obiettivi scientifici di PAMELA sono riassunti nella  figura sottostante e vanno dalla ricerca di antimateria nello spazio allo studio dei raggi cosmici galattici, solari ed intrappolati. Il grafico, realizzato per la prima volta da Hillas, rappresenta le varie sorgenti astrofisiche a seconda delle loro dimensioni e dell'intensità del loro campo magnetico. Ogni oggetto astrofisico è in grado di accelerare particelle sino ad una energia massima definita da questi due parametri. Anche se le energie in gioco sono enormemente diverse, i processi di magnetoidrodinamica - la disciplina che studia l'interazione tra particelle e campi magnetici - su una scala più facilmente accessibile, come ad esempio le fasce di radiazione terrestri, aiutano a comprendere fenomeni che avvengono in strutture più complesse e lontane (come le pulsar). Punto di forza dell'esperimento è dunque lo studio dei raggi cosmici nei suoi diversi aspetti, spaziando dalla fisica delle interazioni fondamentali ai meccanismi di produzione, accelerazione e propagazione delle particelle nella galassia, nel nostro sistema solare ed intorno al nostro pianeta.
Gli obiettivi scientifici di PAMELA e le sorgenti astrofisiche studiate.



Antimateria, antiprotoni e positroni.

Come già accennato, obiettivo principale dell’esperimento è la misura accurata dello spettro di antiparticelle nei raggi cosmici. Antiprotoni e positroni hanno la stessa massa e lo stesso valore assoluto della carica elettrica delle loro controparti, protoni ed elettroni, che sono i costituenti di base degli atomi del nostro mondo. Le loro cariche elettriche hanno però segno contrario e dunque possono essere identificati dalla opposta curvatura nel campo magnetico di PAMELA. La rarità di queste antiparticelle – un antiprotone ogni 100.000 protoni ed un positrone ogni 10 elettroni – è un’altra prova della asimmetria tra materia ed antimateria. Queste componenti sono normalmente prodotte in urti tra protoni galattici ed il gas interstellare e  non sono contaminate dalle sorgenti stellari e costituiscono un ottimo strumento per la ricerca indiretta della materia oscura. Infatti, un eventuale eccesso del numero di antiparticelle rivelate può essere indice di materia oscura che si è annichilata dando un ulteriore contributo alla loro produzione. A seconda dei vari modelli sulla natura e massa delle elusive particelle che compongono questo tipo di materia, è possibile prevedere distorsioni e incrementi degli spettri di antiprotoni e positroni.

Produzione di antiprotoni nel mezzo interstellare. I protoni relativistici,  accelerati nell'esplosione di supernovae, urtano con quelli in quiete della polvere galattica. Dalla collisione viene prodotto un antiprotone ed un protone (per conservazione della carica e del numero barionico). 
Anche la materia oscura può produrre antiparticelle. Secondo molte teorie questa particella può annichilarsi se viene a contatto con un'altra particella uguale (è la sua stessa antiparticella), producendo raggi gamma, positroni-elettroni o protoni-antiprotoni. Solo i positroni e gli antiprotoni (ed eventualmente i gamma) sono prodotti in quantità sufficienti per poter rivelare essere rivelati.  


Produzione di particelle secondarie a seguito dell'annichilazione delle particelle di materia oscura. 


Le misure di PAMELA hanno raggiunto per la prima volta  l'energia di 100-200 GeV, energia mai raggiunta precedentemente. Il quadro che emerge è sconcertante e stimolante allo stesso tempo: il numero di antiprotoni appare coerente con quanto aspettato da una produzione normale, mentre quello di positroni mostra un aumento significativo al di sopra di 10 GeV. Sono state avanzate varie ipotesi (varie centinaia in circa 500 articoli!) sulla natura di questo aumento inaspettato di positroni di alta energia la più interessante è appunto quella che siano prodotti dalla annichilazione di materia oscura, anche se sorgenti astrofisiche come pulsar potrebbero contribuire in parte al flusso di positroni osservato.

Misura del rapporto positrone/(positroni + elettroni) (alto) e antiprotone/protone (basso) misurato da PAMELA. La misura del rapporto consente di ottenere una misura più precisa, riducendo gli effetti strumentali. Si noti la rarità delle antiparticelle rispetto alle particelle. La componente di antiprotoni risulta coerente con le varie ipotesi sulla interazione di raggi cosmici nel mezzo interstellare (curve continue e tratteggiate) , mentre quella di positroni mostra un eccesso inaspettato sopra 10 GeV. La curva in nero mostra il contributo atteso in assenza di contributi anomali, mentre la curva in verde ipotizza il contributo di una particella di materia oscura, che – annichilandosi – produce un eccesso di positroni. La curva blu mostra una stima del possibile contributo dovuto a Pulsar.  



2. continua
Parte 1

venerdì 8 luglio 2011

Materia, Antimateria e Materia Oscura nello spazio con PAMELA (1)

Adattato da M.C., P. Picozza, Pamela: la ricerca di antimateria nello spazio, Le Stelle, n.73 maggio 2009. 


La massa mancante dell'universo. 


Di cosa è composto realmente l’universo? Solo il 4% dell'universo è costituito da particelle a noi note, protoni, elettroni e nuclei che costituiscono i pianeti, le stelle e le galassie. Un altro 23% è costituito da materia “oscura”, distribuita in modo non uniforme nella nostra galassia e lo spazio intergalattico: si tratta di una o più particelle a noi ignote, invisibili e al momento imperscrutabili ai nostri tentativi di identificazione. Il problema della massa mancante nell'universo fu notato per la prima volta nel 1933 dall'astronomo svizzero Fritz Zwicky.  Osservando l'ammasso di galassie Coma, egli dedusse che il moto di rotazione delle centinaia di galassie che lo componevano era incompatibile con la sola massa visibile con i telescopi. Ipotizzò quindi che vi fosse una quantità di materia invisibile più di 100 volte maggiore di quella stellare. Come accade a molti pionieri nella scienza, le sue scoperte rimasero inascoltate per più di quaranta anni, fino a quando lo stesso effetto fu notato anche all’interno della nostra galassia. Le stelle ruotano infatti con una velocità che può essere spiegata solo assumendo che anche la Via Lattea sia permeata di materia oscura che - come una melassa invisibile - tiene unita la nostra galassia. Studi successivi hanno evidenziato la presenza di materia oscura anche in altre galassie. Recentemente si è poi scoperto che il 73% dell'universo è costituito da una "energia oscura", una sorta di pressione negativa che domina l’evoluzione dell’universo accelerandone l’espansione. (Nel blog di Amedeo Balbi  altre info)



Ripartizione della massa dell’universo.


Dov'è finita l'antimateria?

Perché il 4% di materia comune che compone le stelle e le galassie è composto apparentemente solo di materia? Le leggi della fisica delle particelle elementari mostrano una simmetria tra materia ed antimateria. Queste leggi prevedrebbero un universo costituito da uguali quantità di materia ed antimateria. Dov’è che queste leggi cessano di essere valide? Quali leggi più generali e ancora ignote hanno prodotto questa macroscopica asimmetria tra materia ed antimateria? Lo scienziato e dissidente sovietico Andrei Sakharov, padre della bomba all’idrogeno sovietica, indicò nel 1967 le tre condizioni necessarie per portare alla asimmetria osservata. Secondo Sakharov è necessario: 

1) che l’universo non sia in equilibrio termico, cioè che si vada progressivamente raffreddando, 
2) che non si conservi il numero barionico (ovvero, ad esempio, che sia possibile creare in una singola reazione protoni senza creare anche un ugual numero di antiprotoni) 
3) che la produzione di materia sia privilegiata rispetto a quella di antimateria, ossia che si violi la simmetria di carica e parità (CP). 

 Se queste condizioni possono essere considerate il palcoscenico in cui la materia finisce per dominare sull’antimateria, più di 40 anni di ricerche non hanno reso noti - a livello teorico o sperimentale - gli attori responsabili di questa interazione. Infatti non si conosce nessun fenomeno in natura che violi il numero barionico: conseguenza di questo è ad esempio la stabilità misurata del protone. La forza debole, quella responsabile del decadimento nucleare beta, può violare la simmetria di CP nel decadimento di alcune particelle. Questa violazione è però troppo piccola e – nonostante sia non completamente conosciuta - non sembra in grado di soddisfare appieno la terza condizione. In conclusione solo la prima condizione è verificata: infatti l’universo nei suoi primi istanti di vita ha subito una fase detta di inflazione in cui l’espansione è stata rapidissima, seguendo una legge esponenziale. Questa fase di inflazione potrebbe aver consentito ad una interazione ancora sconosciuta di creare un eccesso di materia rispetto all’antimateria, ingrandendo l’universo così velocemente da non dare tempo alle particelle appena nate di ricombinarsi secondo il processo inverso.   

Questi misteri mostrano come la conoscenza dei fenomeni fisici dell’universo sia lungi dall’essere completa. La presenza della materia oscura costituisce una prova inequivocabile dell’esistenza di particelle a noi ancora sconosciute e non contemplate dal modello standard della fisica. Non è nemmeno chiaro se vi sia una relazione tra questi due misteri e se una soluzione anche parziale di uno possa contribuite alla comprensione dell’altro.

Per tentare di dare una risposta a queste domande è in corso uno sforzo multidisciplinare che coinvolge acceleratori di particelle, laboratori sotterranei, osservatori astrofisici ed rivelatori posti nello spazio.  E’ a quest’ultima categoria che appartiene il rivelatore PAMELA, un sofisticato apparato per lo studio dei raggi cosmici e la ricerca di antimateria, posto in orbita attorno alla Terra nel 2006.

I tre diversi approcci alla ricerca di materia oscura: nello spazio, sottoterra  e tramite acceleratori.



I raggi cosmici

I raggi cosmici furono scoperti da Domenico Pacini nel 1912 studiando la diminuzione della radiazione ambientale sott’acqua e da Victor Hess notando l’aumento della radiazione ad alta quota. Si tratta di un potente strumento investigativo del cosmo, in grado di fornire informazioni sia sui processi astrofisici estremi che su fenomeni legati alla fisica delle particelle elementari. Il 90% dei raggi cosmici nello spazio è costituito di protoni, il 9% di nuclei di elio, mentre il restante 1% contiene elettroni e tracce di tutti i nuclei più pesanti (Figura 2). Interagendo con l'atmosfera i raggi cosmici producono anche molte particelle elementari come pioni, muoni, positroni, molte delle quali sono state effettivamente scoperte per la prima volta sfruttando questo acceleratore di particelle che la natura ci fornisce. Nel corso degli anni ci si è rivolti spesso allo studio dei raggi cosmici in quanto sorgente di particelle con energie non accessibili agli acceleratori di particelle in funzione all’epoca. Anche al giorno d'oggi i più grandi acceleratori – pur potendo produrre sistematicamente grandi quantità di eventi alla ricerca di nuova fisica - non sono in grado di raggiungere le energie più elevate ancora accessibili solo tramite lo studio dei raggi cosmici.  


1. continua.
Parte 2

Flusso dei raggi cosmici carichi. La galassia ed il nostro sistema solare è  permeato da queste particelle che viaggiano quasi alla velocità della luce. I protoni costituiscono quasi il 90% ed i nuclei di elio circa il 10%. Le restanti frazioni  sono dovute a nuclei pesanti, elettroni ed antiparticelle. 

martedì 5 luglio 2011

La contaminazione in Giappone: ortaggi ed abitanti.

Schema di uno spettrometro.
La sorgente gamma lascia energia nello scintillatore .
La luce emessa viene amplificata dal fotomoltiplicatore.
Per determinare il tipo e la quantità di radiazione presente in un dato campione è necessario uno spettrometro. A differenza del Geiger, che conta indistintamente ogni tipo di radiazione, lo spettrometro è in grado di misurare la quantità di energia depositata al suo interno e da essa risalire alla radiazione incidente.
Attraversando un materiale plastico o cristallino, detto scintillatore, la radiazione viene da esso assorbita e  rilascia la sua energia. Le molecole dello scintillatore riemettono questa energia sotto forma di fotoni (luce). La luce emessa è pochissima, ma sufficiente per far emettere a sua volta elettroni del fotomoltiplicatore. Questo tubo funziona grosso modo come l'inverso del tubo catodico della televisione: nel caso della TV un fascio di elettroni è sparato contro un vetro per emettere luce. Nel fotomoltiplicatore una manciata di fotoni emette un fascio di elettroni che viene amplificata sino a formare una corrente proporzionale alla luce emessa e dunque all'energia del raggio gamma che aveva attraversato lo scintillatore. L'elettronica fa il resto: amplifca ulteriormente questo segnale e lo converte in digitale.
Con misure molto lunghe è possibile formare un istogramma come quello mostrato qui in basso.


Da wikipedia, il cobalto 60 ha due righe gamma di decadimento, a  1.17 MeV (picco a sinistra, canale 680) e 1,33 MeV (picco a destra, canale 810). I canali sono arbitrari, la calibrazione dello strumento è fatta con sorgenti radioattive misurando la posizione dei picchi. Gli altri conteggi a più bassa energia sono dovuti al fondo di radiazione.

Lo spettrometro è tanto migliore quanto più sensibile e quanto più riesce a discriminare tra le varie righe spettrali. Esistono vari tipi di spettrometri a seconda della radiazione che si intende misurare, cibo, suolo, o persone. 
I campioni di cibo sono messi all'interno di un contenitore schermato (per ridurre il background) prima di dare inizio alla misura, che richiede almeno una decina di minuti per avere una statistica sufficiente (per questo i video in cui si garantiva la non radioattività dei pesci avvicinandovi un Geiger non hanno alcun senso).

Nell'immagine sotto è mostrata la misura fatta su alcune patate coltivate nella regione di Tokyo: il picchetto rosso mostra la presenza di minime quantità di Cesio 137, rivelato tramite il decadimento gamma a 0.6 MeV (i caratteri sono piccoli, cliccando sulla figura è possibile ingrandirla). 
Dal grafico si conclude che la quantità di radiazione  è trascurabile e le patate non sono pericolose. 

Misure su un campione di patate (381 secondi). Il picchetto rosso corrisponde al decadimento di Cesio 137.


Nel caso delle persone è possibile analizzare la radioattività tramite l'analisi delle urine o l'utilizzo di whole body counter (Qui una descrizione di come funzionano in dettaglio). L'uso di questo raro (ma solo perché grande, non perché particolarmente complesso) strumento   è stato avocato per misurare la radiazione presente tra  la poplazione della regione di Fukushima. 
Alcuni test su abitanti della zona sono stati riportati a questo indirizzo  (qui il pdf, grazie a Fiore di Lillà per aver postato su facebook i link ). Nella figura sottostante sono mostrate  (con traduzione) le misure su un uomo di 37 anni, l'unico in cui sia stata rivelata la presenza di Cs137. Anche in questo caso la quantità è minima (corrisponde a 13microSv) e non pericolosa per la salute. 
Misure di whole body su un maschio di 37 anni. E' rivelata la presenza di Cs137 in minime quantità.