domenica 23 settembre 2012

"La comparsa dell'armata degli dei-soldato giganti a Tokyo": Mostra degli effetti speciali nel cinema giapponese, da Godzilla a Ultraman



Il cinema giapponese è sempre stato all'avanguardia nella realizzazione di film di fantascienza e relativi effetti speciali. Dai primi film di Godzilla,  le capacità tecniche dei maestri della fotografia speciale (tokusatsu), guidati dal padre del "dipartimento arti speciali" Eiji Tsuburaya  hanno sempre supplito con intelligenza e acume alle carenze finanziarie e tecnologiche. 
Con l'avvento della computer graphics, un universo di modellini, mostri in costume e astronavi di balsa sta purtroppo lentamente cadendo nell'oblio. 


Eiji Tsuburaya sul set di Ultraman
La mostra "TOKUSATSU - Special Effects Museum", è stata voluta dal regista Hideaki Anno con l'intento di  evitare che questa mole di conoscenze e competenze vada persa e  dispersa per sempre. Il regista di "Nadia" ed "Evangelion", grande fan di questo genere di film,  ha organizzato questa mostra per testimoniare  alle vecchie e nuove generazioni la fatica e la cura che  era necessaria per realizzare sequenze anche di pochi secondi.  
Al Museo di arte contemporanea di Tokyo è quindi possibile ammirare molti dei modellini, dei bozzetti e dei progetti esecutivi che hanno fatto la storia della fantascienza giapponese del dopoguerra, dai sottomarini  di Latitudine Zero ed  Atragon  alle astronavi di Guerra spaziale e Gli eredi di King Kong (Destroy all monsters), sino costumi di "Ultraman", serie creata proprio da Tsuburaya. 
E' stato anche ricostruito il magazzino delle miniature e del materiale di scena per gli effetti speciali: decine di aerei, navi sottomarini, mostri di ogni foggia e dimensione accuratamente accatastati, grazie anche alla frase minacciosa "Mettete a Posto!" che campeggia all'entrata del magazzino. 



Un scorcio di Tokyo ...
Particolarmente interessante è la sezione miniature di edifici, basi segrete o  anche semplici cavi della luce, mostrando  il livello di dettaglio con cui questi fossero realizzati. 
Tra i diorami non poteva mancare la torre di Tokyo fusa e contorta dall'attacco dei mostri e una vasta città nella quale farsi  fotografare - fila permettendo - a mo' di Godzilla. 
Vari documentari mostrano poi quale  pazienza certosina fosse necessaria per realizzare  una sequenza di pochi secondi. 
...visto in prospettiva

Il catalogo della mostra
Il pezzo forte della mostra è però un cortometraggio di Studio Ghibli "La comparsa a Tokyo dell'armata degli dei-soldato giganti ". Prodotto da Hideaki Anno e Toshio Suzuki, il film è il prequel di "Nausicaa della Valle del Vento" di Hayao Miyazaki, che ha curato il design del mostro.
I mostri che distrussero la terra in Nausicaa, fanno qui la loro comparsa in carne ed ossa, distruggendo in poco tempo la metropoli giapponese. Tutto il film è realizzato - caso unico per una produzione Ghibli - con minature e tecniche di ripresa diretta, senza neanche un frame animato a mano o al computer (con l'unica eccezione i raggi del mostro e le lance in alcune sequenze). 
Il risultato è impressionante: la vividezza dei colori, l'uso delle propettive e la scala dei modelli rendono completa giustizia sia alla maestosità dei giganti di Miyazaki che alle tecniche di ripresa con miniature, ricreando perfettamente quella sensazione di maestosità e possenza che Tusuburaya riusciva a conferire alle sue creazioni. 


Anche se molte serie televisive usano ancora queste tecniche, probabilmente le animazioni al computer finiranno di rimpiazzare quelle con miniature. In ogni caso il cortometraggio di Ghibli resterà per gli anni a venire un punto di riferimento delle capacità di questa tecnica, battuta forse dai costi economici ma non dalla potenza espressiva dell'immagine. Un nobile canto del cigno per sessant'anni di avventure nell'universo realizzate con modellini e costumi di gomma. 


aggiunta 24/9. Mi fa notare Alessandro Clementi che nel film originale di Nausicaa fu proprio un giovane Hideaki Anno ad animare le scene del soldato divino che spara dalla bocca. 

venerdì 21 settembre 2012

Niente viaggi interstellari, almeno per il momento


Il sogno di futuri viaggi interstellari si deve scontrare con l’impossibilità teorica – formalizzata dalla teoria della relatività – di poter viaggiare più veloci della luce.
Un rapporto interno della NASA del 2011 sembrerebbe descrivere la possibilità di aggirare questo ostacolo realizzando un “warp field” (secondo le parole degli autori), una distorsione spazio-temporale simile a quella su cui si basano i motori delle astronavi del mondo fantascientifico di Star Trek.

Per quanto gli autori appartengano ad un laboratorio di propulsione avanzato della NASA – con ll’obiettivo di sviluppare nuovi concetti e nuove metodologie per propulsione non convenzionale di razzi e capsule spaziali – i lavori di questo gruppo sembrano sconfinare troppo nella fantascienza.
Nello specifico, l’articolo e lavori simili (nessuno è pubblicato su riviste con referee, salvo uno teorico sulla relatività) trattano semplicemente della messa a punto di un preciso pendolo di torsione(1), ossia uno strumento in grado di misurare con precisione l’intensità delle forze cui essi è soggetto . Quello descritto è in fase di costruzione e sarà completato in un prossimo futuro.
Sempre nello stesso rapporto interno vengono introdotti due metodi di propulsione agli antipodi: uno basato sull’effetto Casimir e l’altro sul famigerato “campo di warp”.

domenica 16 settembre 2012

Spettroscopia stellare... con la zanzariera (e la macchina fotografica)

Figure di interferenza osservando luci cittadine attraverso  il reticolo di una zanzariera.
Una delle conferme storiche alla natura ondulatoria della luce venne dagli studi sulle figure di interferenza e diffrazione effettuati nel XIX secolo da Young ed altri. Esperimenti successivi misero in evidenza  anche la natura corpuscolare della luce portando al concetto di dualismo onda-particella,  alle basi della meccanica quantistica e della fisica delle particelle. 
La diffrazione è presente in tutti i fenomeni ondulatori, il suono le onde dei fluidi... Quando un'onda  colpisce un oggetto delle dimensioni paragonabili alla sua lunghezza d'onda, viene diffratta. Si originano quindi nuove onde come ad esempio quelle di forma sferica osservabili all'entrata di un porto.  A seconda della forma e della struttura dell'ostacolo e le onde possono sommarsi in alcuni punti e cancellarsi in altri dando origine alle figure di diffrazione. Nel caso delle onde elettromagnetiche di cui la luce è composta possono dare origine a vari fenomeni di interferenza e diffrazione: uno dei più comuni è il colore iridescente prodotto dall'interferenza della luce riflessa dai CD e DVD.  

Un altro modo con cui è possibile osservare  questo fenomeno è utilizzando la zanzariera appesa alle finestre. Questa si comporta come un reticolo di diffrazione, costringendo la luce che la oltrepassa a formare nuove e diverse strutture. L'immagine principale - al centro - rimane immutata, ma guardando - anche ad occhio nudo -  le luci notturne  dei lampioni è possibile vedere che esse sono circondate da un alone a forma di croce, con i bracci paralleli al reticolo della zanzariera. Per osservare meglio il fenomeno è sufficiente utilizzare una macchina fotografica digitale: i risultati migliori si ottengono con  un treppiede, il fuoco all'infinito e con un elevato zoom.



Nella foto sopra sono visibili le figure di diffrazione dellle luci della città. Le luci rosse utilizzate sulle torri sono monocromatiche e hanno i massimi (i punti luminosi) disposti secondo uno schema a scacchiera, con le intensità maggiori lungo i bracci della croce. 
La posizione del massimo dipende però dalla lunghezza d'onda, ed è tanto più lontana dalla sorgente originale quanto più lunga  è la lunghezza d'onda: osservando una luce bianca si nota  quindi un effetto arcobaleno, in cui il colore rosso presenta i massimi più lontano dalla zona centrale. Questo fenomeno è simile a quello osservato nel prisma dove però l'ordine dei colori è inverso. Con le sorgenti pù intense è possibile veder meglio la struttura a scacchiera, che riproduce la forma quadrata della zanzariera.    





A questo punto è sufficiente puntare la macchina fotografica verso il cielo ed osservare le stelle: anche in questo caso apparirà una figura di diffrazione simile a quella delle luci della città. 
La nostra visione notturna è per lo più in bianco e nero, per cui ad occhio nudo possiamo renderci  conto solo del colore delle stelle più brillanti. Con una macchina fotografica questo è molto più semplice: facendo una foto per qualche secondo  i colori delle stelle appaiono evidenti. Colore e luminosità di una stella sono legati tra loro in una relazione che fornisce informazioni sul tipo di astro, la sua massa e la sua età. Inoltre la presenza di righe particolarmente luminose o mancanti nello spettro di una stella può fornire ulteriori dati sui fenomeni che hanno luogo sulla sua superficie.  In astronomia si usano speciali spettroscopi per misurare lo spettro delle stelle, ma il principio di funzionamento non è molto diverso da quello del prisma o della diffrazione. Usando la zanzariera è difficile effettuare misure quantitative, ma si può comunque vedere i diversi colori nelle figure di diffrazione.  Se non si ha una zanzariera si può utilizzare qualunque rete o reticolo: i risultati migliori si otterranno tanto più sottile e fitto è il reticolo. 
Quest'altra è invece
prevalentemente nel rosso


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Una stella con colore tendente al blu

martedì 11 settembre 2012

Previsione dei terremoti, un falso problema.


Attualmente è impossibile riuscire a prevedere  quando e  dove avrà luogo un terremoto ed  evacuare così in anticipo le zone che stanno per essere colpite.  È tuttavia possibile stimare  –  sulla base della frequenza degli  eventi passati  –  la probabilità che un sisma colpisca una regione e ridurre  i danni realizzando per tempo strutture  antisismiche.Per poter essere realmente utilizzabile, qualunque metodo di previsione basato su uno o più precursori dei terremoti    deve fornire  con un certo intervallo di confidenza tempo, luogo ed intensità del sisma che si verificherà.  Se si afferma   di essere in grado di determinare in anticipo un terremoto bisogna essere in grado  di fornire  i  dati citati  sopra prima che il sisma di verifichi. Altrimenti le affermazioni generiche a posteriori hanno la stessa validità di quelle astrologiche, con la colpa ulteriore di distogliere l’attenzione dal reale problema: la realizzazione di case ed edifici seguendo norme e criteri di costruzione antisismici.
 Il terremoto di Haicheng, verificatosi nel 1975  nel nord-est della Cina (M 7.3) è uno dei pochi casi...
Con questo post inizia la mia collaborazione con gli amici di scientificast, podcast e blog italiano di scienza, consigliato a tutti!

domenica 9 settembre 2012

Recensione di "Deserto Rosso - Punto di non ritorno"



"Deserto Rosso -  Punto di non ritorno", di Rita Monticelli, narra le vicende  di Anna, astronauta partecipante alla seconda spedizione su Marte. Dopo una prima missione - decenni prima - dall'esito disastroso, il secondo tentativo - di cui fa parte la protagonista - prevede di stabilire una base permanente sul pianeta rosso senza che i primi coloni possano tornare sulla Terra. In  questo viaggio senza ritorno si aggiunge quello personale di Anna, che - all'inizio del racconto -  lascia la base verso l'ignoto, in un'odissea che però può durare solo le poche ore di ossigeno presenti nella tuta. 


La prima parte di Deserto rosso si conclude con un cliffhanger  degno delle migliori serie televisive e ci lascia in attesa delle parti successive. Il racconto è ben scritto e narrato con vivido realismo. Uno dei punti di maggior forza è la dettagliata conoscenza  da parte dell'autrice delle  tecniche e tecnologie di esplorazione umana su Marte. Senza perdersi nei tecnicismi queste aiutano a render credibile la storia, i personaggi ed i loro demoni personali.  

Deserto rosso è disponibile su Amazon ad appena 89 centesimi: questa scelta, unita alla distribuzione indipendente del racconto sul sito di distribuzione di  smashwords  e tutte le altre piattaforme digitali, ne ha fatto un piccolo successo "indie" dell'estate italiana appena trascorsa. Va aggiunto che si tratta di un prodotto estremamente ben curato, scevro dei piccoli ma fastidiosi errori che si riscontrano spesso nelle auto-produzioni. Decisamente consigliato agli appassionati di thriller, fantascienza, e  di esplorazione spaziale. 

Il sito dell'autrice è qui, una sua intervista è disponibile su fantascientificast


domenica 2 settembre 2012

Civiltà extraterrestri (1): Il paradosso di Fermi e SETI

Enrico Fermi (foto da qui)

Enrico Fermi  fu tra i primi a  chiedersi perché nessuna forma di vita extraterrestre non fosse  ancora entrata in contatto con noi.    Dato che la Via Lattea è costituita da centinaia di miliardi di stelle, molte delle quali  milioni e miliardi di anni più vecchie della nostra -  ragionava il geniale scienziato - si dovrebbe presumere che la galassia pulluli di civiltà  avanzate. Tuttavia sino ad ora non vi è alcuna traccia o evidenza della loro esistenza. Questa apparente contraddizione, evidenziata originariamente dal premio Nobel ai suoi  collaboratori, è poi divenuta nota – nei suoi vari enunciati - come il paradosso di Fermi.  Una riformulazione matematica di questa domanda è contenuta nell'equazione di Drake, che cerca di stimare  il numero di civiltà potenzialmente in grado di comunicare con noi. L’equazione richiede stime del numero di stelle nella galassia, dei pianeti abitabili, della probabilità che la vita si formi su uno di essi, che si evolva sino a raggiungere un livello di vita  intelligente sopravvivendo alle  varie catastrofi planetarie e cosmiche. Le incertezze legate ai vari termini, soprattutto quelli biologici sulla nascita di  forme di vita  su altri pianeti,  producono un numero estremamente variabile che tocca anche lo  zero. Valori conservativi dovrebbero comunque far ben sperare sulla presenza di altre forme di vita intelligente.
E’ quindi molto difficile avanzare ipotesi sulla presenza e sul tipo di civiltà extraterrestri e sul motivo del loro apparente silenzio. Tra le varie ipotesi ci sono quelle che siano troppo evolute per avere interesse a comunicare con noi, che si siano tutte autodistrutte o che  siano simili alle culture precolombiane, dotate di alta civiltà e conoscenze astronomiche ma senza interesse per un progresso scientifico e tecnologico di stampo europeo.
E’ stata anche avanzata la possibilità che la vita si sia formata in più' pianeti della nostra galassia ma che sia periodicamente spazzar via da catastrofi cosmiche che ne precludono l'evoluzione e il progresso scientifico.


setistarsDrake formulò la sua equazione in uno dei primi incontri di quello che sarebbe poi diventato il più famoso   programma di ricerca di segnali di intelligenza extraterrestri. Il  progetto SETI (Search for Extraterrestrial intelligence), di cui si tiene a settembre il congresso italiano, cerca  segnali radio strutturati  nel rumore incoerente proveniente dal cosmo.
Al momento purtroppo non è stato rivelato alcun tipo di segnale, ma questo non deve fermare ulteriori ricerche ed analisi cui tutti possono contribuire. Infatti il programma SETI rappresenta anche il primo esempio di progetto di calcolo distribuito (SETI@home) tra le CPU di migliaia di volontari da casa.
L’assenza di segnali radio non deve farci scoraggiare: del resto è possibile che le onde radio siano utilizzate per comunicare solo per un breve periodo dello sviluppo tecnologico di una civiltà e che poi siano abbandonate in favore di meccanismi più efficienti. Nel nostro caso le prime trasmissioni radio hanno avuto inizio con Guglielmo Marconi negli anni ’30. Le nostre (deboli) trasmissioni si sono quindi propagate nel cosmo coprendo una sfera del raggio di circa 80 anni luce, una frazione risibile delle dimensioni della galassia (il cui raggio è 50000 anni luce) ma che ha raggiunto già circa 10000 stelle.

File:Icecube-architecture-diagram2009.PNG
Il rivelatore Ice-Cube, posto
al polo Sud
Oltre alle onde radio, vi è un altro segnale che stiamo spedendo nella galassia, quello dei neutrini prodotti nelle reazioni    nucleari. La segnatura di ciascun reattore nucleare è univoca per intensità e distribuzione energetica dei neutrini emessa e rappresenta un segnale basso ma continuo. Eventuali rivelatori alieni devono essere  in grado di identificare  questi neutrini a distanze stellari separandone il segnale dal più intenso fondo naturale prodotto nelle reazioni nucleari stellari e nell’esplosione di supernovae. Le dimensioni devono perciò essere enormi, data la bassissima probabilità di interazione dei neutrini, soprattutto a bassa energia. Un altro segnale rivelabile potrebbe essere il boato - sempre in termini di numero di  neutrini - delle esplosioni nucleari: dal primo test nel 1945 sino ad oggi sono state fatti esplodere circa duemila ordigni a fusione e fissione. Viceversa rivelatori terrestri, come Ice-Cube potrebbero essere in grado di rivelare un segnale di neutrini che però dovrebbe essere diretto esattamente verso di noi

Se qualcuno nel vicinato è in ascolto  potrebbe essere in grado di percepire i nostri: naturalmente non è scontato che abbia voglia o interesse di risponderci, o che la risposta (magari già in viaggio) sia necessariamente pacifica.

Questo post partecipa all'edizione congiunta dei carnevali della fisica e della chimica di agosto-settembre, dal titolo "cercando tracce di vita nell'universo", tenuta dai blog chimicare e da scientificando