“Sta mano può esse’ fero e può esse piuma”
“oggi è stata ‘na piuma”
Nel linguaggio della meccanica quantistica il sistema ‘mano’ del grandissimo attore Mario Brega in ‘Bianco, Rosso e Verdone”, è descritto da una coesistenza di due stati, ‘ferro’ e ‘piuma’. Con l’iniezione, la Sora Lella ha misurato lo stato della mano e la funzione d’onda è decaduta nello stato ‘piuma’. Quando Gordon Scott fece la misura lo trovò nello stato ‘ferro’ (anche i ‘due di passaggio’ a Via Veneto ottennero lo stesso risultato).
In realtà l’analogia con la meccanica quantistica vale solo perché il grande Mario Brega trascendeva le leggi della fisica e non era vincolato a esse. Perciò, a parte questa eccezione, equazioni come quella di Dirac e concetti come la funzione d’onda e il quantum entanglement (o entanglement quantistico) non si applicano ai sistemi macroscopici. Vi è infatti una profonda differenza filosofica prima ancora che fisica: nel mondo microscopico, un dato stato è “tutti e due e nessuno” fino a che non lo si misura interagendo con esso. In quello macroscopico il sistema è a priori in uno stato già definito, siamo noi che ne ignoriamo la condizione per una nostra incompleta conoscenza, ad esempio quando non sappiamo se fuori piove o no.
In realtà l’analogia con la meccanica quantistica vale solo perché il grande Mario Brega trascendeva le leggi della fisica e non era vincolato a esse. Perciò, a parte questa eccezione, equazioni come quella di Dirac e concetti come la funzione d’onda e il quantum entanglement (o entanglement quantistico) non si applicano ai sistemi macroscopici. Vi è infatti una profonda differenza filosofica prima ancora che fisica: nel mondo microscopico, un dato stato è “tutti e due e nessuno” fino a che non lo si misura interagendo con esso. In quello macroscopico il sistema è a priori in uno stato già definito, siamo noi che ne ignoriamo la condizione per una nostra incompleta conoscenza, ad esempio quando non sappiamo se fuori piove o no.
Infatti, nonostante noi siamo costituiti da un’accozzaglia più o meno coerente di elementi chimici, il mondo degli atomi e delle particelle elementari obbedisce a regole molto diverse dal nostro. Le leggi della meccanica quantistica, che ne formalizzano il comportamento, trattano matematicamente di incertezza, ignoranza e nuvole di probabilità e apparirono strane e sorprendenti alle stesse menti geniali che pur costruirono questo magnifico edificio concettuale nei primi decenni del XX secolo.
Come già discusso nel post sull’equazione di Dirac, alle particelle elementari non è possibile associare una posizione e una traiettoria precise, ma piuttosto una probabilità di trovarle in uno dato punto o con una certa velocità. L’equazione di Dirac è l’espressione quantistica dell’energia di elettroni e positroni liberi di muoversi: risolvendola otteniamo la funzione d’onda. Facendo il quadrato di questa funzione otteniamo una o più caratteristiche (numeri quantici) della particella, per esempio energia, carica, posizione nello spazio e spin.
L’equazione di Dirac è in realtà un sistema di quattro equazioni, necessarie per descrivere un elettrone o un positrone ciascuno con spin di +½ o -½ . Lo spin può essere pensato come l’analogo quantistico del verso di rotazione di una trottola, per convenzione positivo se ruota in senso antiorario e negativo se ruota in senso orario. Fino a che non interagiamo con l’elettrone, non sappiamo (e non ha neanche senso chiedersi) in che verso è orientato il suo spin.
Per conoscere le caratteristiche di una particella dobbiamo quindi effettuare una misura, facendola interagire con un altro tipo di particelle (non esistono infatti i sensori alla Star Trek).
Per cui, fino a che non misuriamo lo spin di un elettrone, la sua funzione d’onda è una somma equiprobabile di spin +½ e spin -½ (prima e seconda equazione; la terza e la quarta servono se abbiamo a che fare con positroni, come nei cervelli robotici di Asimov o nelle macchine mediche della PET – Positron Emission Tomography).
Per conoscere lo spin dell’elettrone possiamo metterlo in un campo magnetico e vedere dove viene deflesso. Facciamo pertanto il quadrato della funzione d’onda e troviamo che la probabilità è 50% orario (ossia +½, anche detto ‘su’) e 50% antiorario (ossia -½ o ‘giù’).
Una volta fatta la misura, la funzione d’onda ‘decade’, ossia muta da una somma equiprobabile di due termini a quella a spin definito. Il decadimento della funzione d’onda è istantaneo nel momento in cui vi è l’interazione dell’elettrone con il campo magnetico.
Un esperimento simile può essere effettuato con un elettrone in un orbitale di un atomo di idrogeno (a essere pignoli l’equazione da risolvere è diversa ma la sostanza non cambia).
Prendiamo ora un atomo di elio, con due protoni e due neutroni (nel nucleo) e due elettroni. I due elettroni riempiono completamente l’orbitale più interno che può ospitarne solo uno a spin su e uno a spin giù. Lo spin semi-intero degli elettroni implica infatti che essi obbediscono alle leggi statistiche di Fermi-Dirac che non ammettono che due elettroni abbiano lo stesso numero quantico, in questo caso lo stesso spin nello stesso orbitale.
Ma quale è a spin su e quale a spin giù?
I due elettroni sono in uno stato di quantum entanglement ossia di aggrovigliamento quantistico, che è un modo più fico che rispondere:
“Ehm… non lo so”
In realtà il quantum entanglement ha un significato più profondo. Ci dice che non non ha senso chiedersi quale sia lo spin assegnato a ciascun elettrone fino a che non facciamo la misura. La funzione d’onda di un elettrone è somma di entrambi i termini su e giù così come quella dell’altro elettrone. Nell’istante in cui misuro lo spin di uno dei due, sono sicuro che l’altro avrà spin opposto. In altre parole il decadimento della funzione d’onda del primo nello stato a spin -½ implica anche il decadimento istantaneo del secondo sia a spin +½ . Una volta fatta la misura il legame quantistico delle due particelle è sciolto e le particelle non sono più correlate tra loro.
Se prendiamo i due elettroni dall’atomo e li allontaniamo in direzioni opposte, il sistema sarà comunque composto dalla funzione d’onda somma dei due termini di spin. Anche in questo caso, quando misuro lo spin di uno dei due elettroni l’altro decadrà istantaneamente nello stato a spin opposto. Istantaneamente, vuol dire più veloce della luce e indipendentemente dalla distanza, sia essa qualche metro o qualche chilometro (come è stata misurata in laboratorio) o ai capi della galassia.
Einstein e gli altri studiosi dell’epoca (anche contemporanei) rimasero in principio molto perplessi dalla non località della meccanica quantistica, anche se essa è in perfetto accordo con la relatività speciale, poiché non si può comunque trasmettere informazione più velocemente della luce, dato che il risultato della misura è casuale e quindi produrrebbe una serie di numeri completamente scorrelati tra loro.
Il QE si applica a tutti i sistemi di particelle elementari, non solo quelle descritte dall’equazione di Dirac, ma anche dall’equazione di Schroedinger, Klein Gordon., Weyl ecc.
Invece l’interazione di due sistemi macroscopici avviene secondo le leggi della fisica classica, e quando l’interazione (urto, scambio di informazioni) è avvenuta questi possono continuare a influenzarsi a vicenda tramite ricordi o comunicazioni-interazioni ulteriori senza dover invocare fantomatiche interazioni quantistiche e superluminari. Anche si trattasse un qualche mistico meccanismo di telepatia per avremmo trasmissione di informazione e quindi comunque un fenomeno profondamente diverso dalla meccanica quantistica.
Questo post è (indegnamente) dedicato a Roberto Petronzio.
Questo post è (indegnamente) dedicato a Roberto Petronzio.
Formule pizzzose
Esistono varie notazioni per descrivere la funzione d’onda e risparmiare spazio:
y(x,y,z)
è quella riportata sulla placca commemorativa di Dirac.
La probabilità di trovare la particella in un dato punto è data dal modulo quadro della funzione
y(x,y,z)*y(x,y,z)
La probabilità complessiva di trovarlo in un punto qualunque dello spazio è 1 ossia il 100% (da qualche parte deve pur stare)
La notazione di bra < y| e ket |y> fu introdotta da dirac.
Il modulo quadro si scrive <y|y> ed è un bra-ket, dall’inglese bracket ossia cosa tra parentesi (che rappresenta uno dei vertici dell’umorismo del campo).
Un sistema equiprobabile a due stati come Ferro/Piuma o Spin-su/giù può essere scritto come
per cui il suo modulo quadro è:
ossia al 50% (0.5) spin su o +½ e al 50% (0.5) spin giù o -½