Nell'anniversario dei due anni dal terribile terremoto del Nodr-Est del Giappone, un mio resoconto dell'incidente alla centrale nucleare di Fukushima e dei suoi effetti su wired.it
L’ 11 Marzo 2013 ricorre il secondo anniversario del terremoto del Tohoku: il sisma, scala 9 Mw, scatenò un enorme tsunami sulle coste del Nord Est del Giappone. Il maremoto uccise più di 18mila persone, fece decine di migliaia di sfollati, distrusse 50mila edifici e ne danneggiandone il triplo. I danni ammontarono a decine di miliardi di euro. Ove possibile la ricostruzione è stata completata in pochi mesi ma nelle zone più colpite - come la costa di Minamisoma - non è rimasto più nessuno in vita ed i pochi superstiti sono stati rilocati altrove.
Quello che resta della costa di Minamisoma a due anni dallo tsunami |
La causa principale dell’incidente è da attribuirsi alle errate scelte costruttive improntate al risparmio (basse barriere frangiflutti, generatori di emergenza installati nei semiinterrati lato mare, assenza di addestramento dei dipendenti) ed accettate e certificate da enti governativi di vigilanza collusi con la Tepco e le altre industrie giapponesi.
L’esplosione degli edifici dei reattori della centrale di Fukushima ha liberato nell’ambiente grandi quantità di materiale radioattivo, prevalentemente cesio e iodio. La maggior parte è andata dispersa in mare, dove i danni sono attenuati dalla densità mille volte maggiore dell’acqua rispetto all’aria e dalla vastità dell’Oceano Pacifico. Una parte si è depositata nelle zone vicine alla centrale, mentre il resto - trasportato dai venti – e si è diffuso per lo più verso Nord Ovest e verso il Sud del Giappone.
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