(questo articolo è apparso su pagina99 del 26 aprile, di spalla all'ottimo testo di Marco Zappa)
dalla rivista di Studio Ghibli del 2011 |
In
ciascun vagone dei treni giapponesi mancano almeno due lampade al neon, prova
tangibile degli sforzi fatti per ridurre gli sprechi energetici dopo il
devastante incidente alla centrale nucleare di Fukushima-1. In Giappone, con il
conseguente spegnimento dei 48 reattori nucleari commerciali è venuto meno un
terzo della produzione energetica. Il
paese è stato quindi costretto ad acquistare combustibili fossili per un
ammontare pari al 10% delle importazioni complessive. Complice la svalutazione
dello yen (-30% rispetto all’euro dal 2013) voluta dal primo ministro Abe per tentare
di far ripartire l’economia, la bilancia dei pagamenti giapponese ha quindi
toccato l’anno scorso un passivo record di 112 miliardi di dollari.
L’incidente
di Fukushima ha inoltre messo a nudo ed aggravato una serie di carenze strutturali
nella rete energetica Giapponese. Pur operando ovunque con la tensione di 100
Volt rispetto ai 220 Volt nostrani, il paese è diviso in due: ad est (Tokyo,
Sendai, Sapporo) dell’isola si utilizza corrente alternata a 50 Hertz mentre ad
ovest (Kyoto, Osaka, Nagoya) corrente a 60 Hertz. Questa spaccatura risale alla
repentina industrializzazione avvenuta alla fine del XIX secolo, quando
nell’ovest furono acquistati primi generatori dalla statunitense General
Electric mentre nell’est si preferì la tedesca AEG. Come si è visto in questi
tre anni, un’eventuale carenza di energia nell’est non può quindi essere
bilanciata facendo ricorso all’altra metà del Giappone: vi sono infatti solo
due stazioni di scambio, a Shin-Shinano e Sakuma in grado di collegare le due
reti.
Fatto
inusitato per un paese che raramente mette in discussione le decisioni del
governo, il movimento antinucleare ha registrato parecchi consensi: tra questi
anche il regista Hayao Miyazaki. Da dopo l’incidente Studio Ghibli, la sua casa
di animazione che ha prodotto innumerevoli capolavori negli ultimi anni, è
infatti alimentata da una compagnia che produce energia tramite fonti
alternative. Molte compagnie stanno infatti investendo nella realizzazione di
centrali basate su risorse rinnovabili, potenzialmente competitive in un
contesto in cui peraltro la TEPCO, proprietaria dei martoriati impianti di
Fukushima, ha innalzato il costo della bolletta del 7% per coprire parzialmente
i costi dei danni causati dall’incidente.L’obiettivo è di realizzare nelle
regioni più remote del Giappone centrali
fotovoltaiche ed eoliche. Questi sforzi contribuirebbero
anche a risollevare l’economia di queste regioni, tra le più povere dell’isola,
ma sono ritardati e ostacolati dalle grandi compagnie private e da una
legislazione incompleta, che ad esempio non stabilisce chi debba sostenere i
costi di collegamento di queste nuove centrali rinnovabili alla rete nazionale.
Il METI,
ministero dell’economia, ha deciso di riattivare nei prossimi mesi le centrali
nucleari che hanno passato i severi test di controllo post-Fukushima. Per
quanto apparentemente dettate dalla controversa politica del governo Abe queste
decisioni sono piuttosto legate a ben più fredde ed impersonali considerazioni
economiche ed energetiche, le cui ripercussioni si sentiranno in tutto l’est
asiatico nei prossimi anni.
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