Sono ormai trascorsi quattro anni dallo tsunami che devastò le coste del Nord-Est del Giappone, uccidendo circa 18mila persone e innescando il più grave incidente nucleare dal tempo diChernobyl. Di recente – grazie ad una collaborazione tra l’istituto giapponese Riken e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) italiano, ho avuto modo di tornare a visitare la regione diFukushima. Anche se lo scopo ufficiale era prendere campioni di suolo ed effettuare misure di radiazione, ben più interessante si è rivelato poter assistere di persona agli sforzi che si stanno facendo per tornare alla normalità.
Nonostante i periodici gridi d’allarme di radiazioni mortali sparse ormai per tutto il Giappone e addirittura il Pacifico, la situazione è da tempo sotto controllo, con un fondo di radiazione più chedimezzata rispetto al 2013 (i valori da noi misurati tra le montagne oscillano tra 0,05 microSv/h e 0,6 microSv/h, rispetto a Roma che ha in media 0,3 microSv/h). Questo è soprattutto dovuto all’attività delle piogge, che spinge il cesio in strati più profondi della terra e lo trasporta attraverso i fiumi sino al mare. Ovunque sono però visibili vari hotspot, tombini ed avvallamenti del terreno dove gli agenti atmosferici hanno concentrato il cesio diffuso nell’atmosfera, con valori talvolta superiori ai 2 microSv/h.
continua a leggere su wired.it
Nessun commento:
Posta un commento