Il lancio dello Shuttle (STS-128). Nella splendida foto NASA è possibile vedere come il razzo non punti verso l'alto ma quasi orizzontalmente, per acquistare la velocità necessaria per restare in orbita. |
Osservando il lancio di un razzo si può notare che, dopo aver percorso poche centinaia di metri, la sua traiettoria si piega inclinandosi dalla verticale.
Questo perché la spinta del razzo non è necessaria solo per far innalzare il razzo di qualche centinaio di chilometri (400 circa per l'orbita della Stazione Spaziale Internazionale), ma soprattutto a fargli acquisire velocità orizzontale.
Per mantenere in orbita un satellite è infatti necessario che questo abbia una velocità tale che la forza centrifuga (diretta verso l'alto) gli faccia vincere l'attrazione di gravità (diretta verso il basso): in orbita bassa, come ad esempio per la Stazione Spaziale è necessaria 8 volte più energia per acquisire la velocità di 7.7 km/s rispetto a quella per raggiungere i 380-400 km di altezza della stazione.
Il rapporto tra l'energia spesa per vincere la forza di gravità Q rispetto a quella necessaria per fargli acquisire velocità K è pari alla metà del rapporto tra il raggio terrestre e l'altezza del razzo (trascurando la velocità iniziale dovuta alla rotazione terrestre. In formule K/Q = 1/2 Rterra / Hrazzo).
Il profilo di lancio e rientro della Spaceship one |
E' questa la fondamentale differenza tra i razzi spaziali come lo Shuttle e la Soyuz e la SpaceShip one: questa è più simile ad un sasso lanciato verso l'alto e che torna a terra dondolando come una foglia. In questa maniera è possibile con motori molto piccoli (e partendo da un aereo) superare i 100 km di altezza ma solo per poche centinaia di secondi.
Fu per primo Newton a rendersi conto che sparando orizzontalmente con un cannone abbastanza potente era possibile imprimere al proiettile una velocità sufficientemente alta da metterlo in orbita. Questo doveva essere ciò che era accaduto alla Luna, che orbita "in caduta libera" attorno alla terra.
La palla di cannone e le orbite di Newton (Principia, vol 3 p4) |
Andando più in alto la velocità orbitale diminuisce e la ripartizione tra energia cinetica e potenziale va a vantaggio di quest'ultima: in orbita geostazionaria, dove la velocità è 3km/s essa è pari a meno del 10%.
Da lì basta pochissima energia in più (il 15%) per raggiungere la luna e gli altri pianeti): in orbita geostazionaria siamo quasi usciti dal pozzo gravitazionale della terra. La stazione spaziale è molto più in 'fondo al pozzo': anche tenendo conto dell'energia cinetica essa ha appena la metà dell'energia necessaria per sfuggire all'attrazione terrestre.
Uno dei voli di test della Spaceship one. Si tratta di un volo parabolico che raggiunge lo spazio ma non la messa in orbita. |
Note:
1. E' per questo che gli astronauti a bordo della stazione spaziale sono soggetti alla gravità terrestre ma in condizioni di assenza apparente dato che l'attrazione terrestre è cancellata dalla forza centrifuga. Dato che la stazione spaziale ha piccole oscillazioni, risente dell'attrito, con il residuo dell'atmosfera ed altre micro-forze, si parla di condizioni di microgravità (perché le oscillazioni sono circa un milionesimo della gravità terrestre).
3. In caso di orbita circolare il risultato si ottiene uguagliando la forza centrifuga:
mv2/(Rterra+Hrazzo)
con quella gravitazionale
GM m / (Rterra+Hrazzo)2
dove G è la costante di gravitazione universale, Rterra è il raggio terrestre M è la massa della terra e Hrazzo è l'altezza del satellite di massa m dal suolo.
L'energia cinetica necessaria è K=1/2 m v2, quella gravitazionale Q= GMm[ 1 / (Rterra+Hrazzo) - 1/Rterra].
Da lì si ottiene il rapporto K/Q = 1/2 Rterra/Hrazzo
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