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Il meteorite di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan. Immagine e (c) di Shun Iwasawa |
L'esplosione di una
meteora sugli Urali quest'oggi 15 febbraio, ha mostrato come la minaccia di asteroidi e corpi celesti non si trova solo nei pessimi film di Hollywood o nelle passate ere geologiche ma è attuale e non trascurabile.
Non c'è stato impatto al suolo: sulla terra sono caduti solo alcuni frammenti. I feriti sono dovuti all'onda d'urto dovuta alla compressione dell'aria che ha spaccato vetri e divelto porte e finestre.
Nella sua drammaticità mostrata dai vari video, questo era un oggetto molto piccolo, che non è stato neanche rivelato dai sistemi di tracciamento terrestri (che pure soffrono di mancanza di fondi). In passato oggetti più grandi, come a Tunguska, hanno distrutto enormi aree.
Per questo motivo, negli anni scorsi sono state studiate varie e disparate tecniche per deflettere un asteroide dalla sua traiettoria.
Tracciamento degli asteroidi e tempi di allestimento sono descritti in un
post gemello su scientificast.it Tutti gli scenari presuppongono comunque una missione che agisca con almeno 10 anni di anticipo (supponendo che sia pronta), date le masse e velocità in gioco. Purtroppo salvataggi all'ultimo secondo stile Bruce Willis sono resi impossibili da semplici considerazioni di energia cinetica di questi oggetti.
Per salvarci dall'estinzione vi sono varie idee, alcune assolutamente irrealistiche, altre con discrete potenzialità:
Esplosione nucleare. Un grande classico, ottima efficienza di conversione
massa/energia. Se fatta esplodere a distanza di qualche centinaio di metri,
l’energia rilasciata sotto forma di raggi X e neutroni riscalda lo strato
superficiale fino a farlo bollire e farlo distaccare dall’asteroide creando un getto che ne devia la traiettoria. La distanza ottimale dell’esplosione è a circa il 40% del
raggio dell’asteroide, quindi 200 m per un corpo di 1 km. L’esplosione necessaria
varia da 1 a 10Mt (Milioni di tonnellate di esplosivo equivalenti. Hiroshima era 0.01Mt). Se l’arma è fatta detonare
sulla superficie o sotto la superficie è sufficiente una energia minore, da 0.040
a 0.1 Mt: tuttavia bisogna tener conto anche della massa aggiuntiva per il
sistema di atterraggio e di scavo, che rendono più complicato il profilo di
missione ed aggiungono macchinari che potrebbero malfunzionare. Plausibile
Concentratore solare
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Telescopio con due lenti di Fresnel di 1 m. E' utilizzato
per guardare i raggi cosmici di notte
nell'esperimento JEM-EUSO ma se puntato sul sole farebbe
evaporare l'asfalto in pochi istanti. |
In questo caso si pensa di utilizzare delle lenti per focalizzare la luce del sole in un punto dell’asteroide scaldandolo sino a far vaporizzare la roccia. Il continuo zampillo di roccia fusa accelera lentamente l’asteroide sino a farlo deviare dalla traiettoria originale. Per avere un’area di qualche metro quadro è possibile utilizzare delle lenti di Fresnel. Questo tipo di lenti prende il nome dallo scienziato francese del XVIII secolo che le inventò per utilzzarle nei fari. Una lente di Fresnel è come una lente normale cui sia stata tolta tutta la parte interna, e riportata su un solo foglio zigrinato la curvatura della lente. In questa maniera è possibile realizzare ampie superfici con un enorme risparmio di massa. Lenti di questo genere sono in corso di realizzazione in un esperimento per studio di raggi cosmici di ultra-alta-energia dallo spazio. Nell’esperimento JEM-EUSO si realizzerà un telescopio del diametro di 2.5 m di apertura con lenti di Fresnel. In questo caso si vuole osservare la luce di fluoresecenza emessa dalle particelle nella loro interazione con l’atmosfera. Lenti simili possono essere montate su una sonda interplanetaria che raggiunga l’asteroide sino a mettersi in orbita attorno ad esso. Le difficioltà tecniche nascono dalla necessità di allineare correttamente le lenti con i sole e l’asteroide, creando il getto di roccia fusa in maniera che lo allontani dalla Terra. Inoltre il gas e la roccia sparata dall’asterodie potrebbero sporcare la lente rendendola opaca e meno efficiente. Si tratta comunque di uno dei sitemi più semplici per realizzazione e tecnologie a disposizione. Plausibile
Laser a microonde e deposizione di energia. Sparare
da terra con un laser o fascio di microonde avrebbe il vantaggio di utilizzare
strutture molto potenti, ma lo svantaggio di poter essere utilizzato solo
quando l’asteroide è molto vicino alla terra. Inoltre il laser sarebbe sparato
verso la “testa” dell’asteroide, mentre la massima deflessione si avrebbe
colpendolo di fianco. Assumendo una
distanza di fuoco pari a quella dell’orbita della Luna, anche utilizzando uno
dei laser più potenti (92MJ) con l’efficienza massima, lascerebbe solo tempo
per due dozzine di colpi, sufficienti al massimo per distruggere oggetti grandi che quindi si disintegrerebbero comunque nell’atmosfera. Irrealistico, troppo tardivo
Propulsione. Difficile a realizzarsi per le elevate quantità di carburante necessarie. Un motore a propulsione chimica dovrebbe bruciare 50 tonnellate di carburante per un’ora per spostare un corpo roccioso di 150 m. La quantità di carburante cresce con la massa, ossia il cubo del raggio per cui un asteroide ipotetico di 1 km richiederebbe 15mila tonnellate di carburante. Si è anche ipotizzato di utilizzare motori più efficienti, alimentati con reattori nucleari, che possano espellere idrogeno a 3000 gradi e che richiederebbero una massa di 14 tonnellate, minore ma ancora elevata . Questi motori furono provati negli anni ’60 e ’70 ma non divennero mai operativi. Alle difficoltà di trasporto si sommerebbero quelle di assemblaggio ed installazione del motore, che richiederebbero una missione con uomini, estremamente complessa. Irrealistico
Propulsione
elettrica e a plasma: SI tratta di
una propulsione a ioni in cui un minuscolo getto di atomi ionizzati viene
espulso dal motore. Questa tecnologia è stata già utizzata in missioni che
hanno raggiunto asteroidi, come Hayabusa giapponese. È estremamente efficiente ma è
terribilmente lenta. Per deflettere un asteroide servirebbe comunque un reattore nucleare per fornire
l’energia necessaria. Inoltre sarebbe necessario
attivare il motore solo quando la rotazione dell’asteroide è nella posizione
corretta, altrimenti si rischierebbe di non far nulla o peggiorare la
situazione. Troppo lento
Vela solare Questa tecnologia sfrutta la pressione di radiazione
del Sole per spingere lentamente una vela composta di un materiale ultraleggero.
Anche in questo caso le spinte in gioco sono infinitesimali (8 microNewton per metro quadro), per cui servirebbe una
vela grande 100 volte la stazione spaziale internazionale per spingere via con
una velocità di 5cm/s un oggetto di “appena” 150 m in un anno.
La tecnologia della vela solare è stata già provata con oggetti molto più
piccoli e risulta comunque promettente per l’
esplorazione futura del sistema solare.
Troppo lento ma con altre potenzialità
Orione Per deflettere gli asteoridi si potrebbe ripescare dal cassetto il Progetto Orione, approntato nei primi anni Sessanta su un’idea del fisico nucleare Theodore Taylor (1925-2004). Il progetto prevedeva di far detonare delle piccole bombe nucleari a qualche decina di metri dall’astronave e utilizzare l’onda d’urto per spingerla in avanti. Al tempo fu calcolato che una navicella con questo tipo di propulsione avrebbe potuto raggiungere Plutone e tornare indietro in meno di un anno, coprendo una distanza 400 volte superiore a quella che ci separa da Marte. Tutto bene secondo i calcoli e la tecnologia. Ma il progetto fu forzosamente abbandonato nel 1963 in conseguenza della ratifica che proibiva i test nucleari nell’atmosfera. Plausibile tecnicamente ma improbabile dal punto di vista politico.
Allo stato attuale siamo quindi lontani dall'essere in grado di salvarci da un asteroide come quello di Chicxulub o quello di Tunguska. Nonostante tutto il nostro progresso scientifico non siamo molto più protetti dei dinosauri.
(1) continua
Tratto ed adattato dal libro su "come sopravvivere alle catastrofi", di prossima pubblicazione.
Il capitolo dei Maya è comunque gratuitamente disponibile qui